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Ann Leckie, fantascienza, Fanucci, Hugo Award, i libri con gli alieni e le astronavi, Imperial Radch trilogy, Nebula Award, ritratto di relazioni umane prima che lavorative, space opera
In un intervento sulla rubrica The Big Idea del blog di John Scalzi, è stata la stessa Ann Leckie a rivelare che inizialmente il secondo volume della sua premiatissima trilogia doveva intitolarsi Sword of Atagaris. Nelle sue intenzioni, ogni libro doveva portare il nome dell’astronave dotata d’intelligenza artificiale protagonista di quel segmento di trilogia.
L’editore è intervenuto, il ruolo della nave spaziale in questione è stato ridimensionato durante la stesura ed è andata a finire con il felice utilizzo del ricorrente “Ancillary” e ogni volume intitolato a una classe diversa di incrociatore spaziale. Dopo la placida Justice of Toren, è il turno di una sword, la tipologia di astronave più militarizzata e concepita per il combattimento puro e che, nelle parole dei protagonisti Breq e Seivarden, non manca mai di ribadire con superbia la sua supposta superiorità ad ogni intelligenza artificiale nelle vicinanze. La valenza del titolo di Ancillary Sword e il vero intento della trilogia rimangono celati dietro a un intreccio narrativo che, per ambizione e premesse, mal si accoppia con il carattere superbo dell’astronave che gli dà nome.
Avvertenza: segue una recensione il più possibile scevra di spoiler anche per chi non ha letto il primo volume. Il consiglio per chi non l’ha letto è in ogni caso di partire da dalla recensione del primo volume.