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Barkhad Abdi, Billy Ray, film col dramma dentro, i nostri amici arabi, in the navy!, le cazzutissime forze armate americane, Michael Chernus, navy SEALs, Oscar 2014, Oscars, Paul Greengrass, titolisti italiani, Tom Hanks, tratto da una storia di poco falsa
Se c’è un film davvero in difficoltà a incontrare l’italico gusto in questa settimana tutta in salita (assieme al fantascientifico “Ender’s Game”) è Captain Phillips, un’ottima pellicola che non esprime il suo pieno potenziale nei materiali promozionali.
Io stessa sono andata al cinema più per il sentore marcato che lo rivedremo alla notte degli Oscar (come sapete bene, cerco sempre di vedere almeno tutti i candidati a miglior film) che per la voglia insopprimibile di recuperarlo appena possibile.
Sapevo più o meno questo: pellicola probabilmente tratta da una storia vera (selling point irrinunciabile per la corsa alla statuetta dorata) con un capitano di una nave cargo che finisce nei guai con dei pirati somali. Pirati di quelli pericolosi e realisticamente violenti, non di quelli simpaticoni e con l’andatura buffa. Sapevo che l’interpretazione di Tom Hanks era tanto buona da aver sostanzialmente portato di prepotenza il film tra quelli più chiacchierati in ottica premiazioni, ma non amo particolarmente Hanks e ritengo sia stato premiato più per lo status di icona che per le sue perfomance comunque buone, almeno in passato.
In effetti si tratta proprio di una descrizione precisa, ma il tutto è declinato su un livello tecnico superbo e con uno stile e un linguaggio che lo rendono un’esperienza da cui si esce provati, una sorta di ultimi venti minuti di “Zero Dark Thirty” lunghi due ore e un quarto. Perché non lo si sia lanciato come il degno erede di quella sorta di filone alla Kathryn Bigelow ultima maniera è un mezzo mistero.