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Forse Nebraska non sarebbe finito tra i candidati come miglior film in compagnia di “Philomena” se giusto l’anno precedente Haneke non avesse così potentemente sdoganato il tema geriatrico, aggiungendolo al lungo elenco di soft spot a cui l’Academy non riesce a rimanere indifferente. La discriminante però rimane sempre il cast chiamato ad affrontare una storia in bilico, che può risultare sia un toccante road movie familiare di rifondazione del rapporto padre e figlio sia una sviolinata sullo spirito dell’America preservato dagli stati più trascurati di cui non si sentiva il bisogno. Dato che dietro la camera da presa c’è Alexander Payne, il film è diventato automaticamente il da me più temuto tra i nove nominati alla categoria che mi impongo ogni anno di recuperare integralmente. Alex, senza rancore, ma sai essere pesantissimo anche quando non parli di anziani.
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