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Cannes 2017, Elizabeth Olsen, Gil Birmingham, indianume, Jeremy Renner, Kelsey Asbille, morti ammazzati, poliziesco, Taylor Sheridan
La fortuna vive in città è quel genere di battuta memorabile con cui uno sceneggiatore di razza farcisce un film, specie se decide di farlo diventare il suo esordio in veste di regista. Sui lungometraggi che raccontano il cuore nudo e cupo degli Stati Uniti Taylor Sheridan non ha certo bisogno di lezioni, avendo scritto negli ultimi anni esempi strepitosi di analisi cinematografiche della violenza istituzionalizzata alla base degli Stati Uniti d’america, da Sicario (di cui ha appena firmata anche la sceneggiatura per il sequel) a Hell or High Water.
Lo scontro tra natura selvaggia (il confine spaccato dal sole con il Messico, gli spazi immensi texani e qui le montagne impervie del Wyoming) e violenza degli abitanti rivolta contro altri essere umani sembra essere il conflitto che genera la sua stessa scrittura. Un conflitto che ha a sua volta radici profonde e attuali, che generano discriminazione e disuguaglianza, che nutrono l’attuale società statunitense.
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