Milo è una buon’anima soddisfatta del suo tran tran quotidiano, ormai stabilizzatosi da qualche millennio. Nasce, cresce, dà il meglio di sé sulla Terra – tra inevitabili alti e bassi – infine muore. La fine però è un concetto del tutto estraneo a Reincarnation Blues, il peculiare romanzo di Michael Poore con cui edizioni e/o apre il suo 2018 letterario.
Non c’è fine all’esistenza di Milo perché sono millenni che si reincarna vita dopo vita, secolo dopo secolo, balzando nella catena evolutiva da animali a vegetali ad esseri umani di ogni sesso, religione, attitudine, latitudine ed epoca. Non c’è nemmeno un fine temporale, perché il suo blues ha un ritmo sincopato, che alterna vite proiettate in un futuro lontanissimo a capatine agli albori della storia, in un fluire del tempo che (pare) disorganizzato, inarrestabile, circolare.
Anche nell’Aldilà la consuetudine ha battuto il senso di compiutezza, anche se ad ogni decesso ad attenderlo c’è la Morte stessa, Suzie, con cui da qualche millennio Milo ha instaurato una solida ma clandestina relazione sentimentale.
Recensionando / Reincarnation Blues
16 martedì Gen 2018
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