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~ considerazioni in ando e in endo

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Archivi tag: morti ammazzati

Recensionando / Tokyo Express

08 domenica Apr 2018

Posted by Elisa G. in Libreria, Recensionando, Specialando

≈ 3 commenti

Tag

Adelphi, detective stories, Gala Maria Follaco, letteratura giapponese, Matsumoto Seichō, morti ammazzati, Tokyo

Tokyo Express recita la copertina italiana con tanto di foto di affascinante viaggiatrice dai lineamenti orientali, perché la combo Tokyo qualcosa + ammaliante donna orientale è lo standard estetico-descrittivo del crime giapponese in Italia (vedi l’intera produzione di Kirino Natsuo per Neri Pozza, giusto per fare un esempio). Non me ne voglia Adelphi, che ha il merito di aver ripescato questo classicone del giallo giapponese dal triste angolo polveroso in cui era finito dopo la pubblicazione nel 1971 su Giallo Mondadori, ma l’originale Ten to sen (点と線) è un titolo molto più evocativo ed elegante nella sua sintesi simbolica.
I punti e le linee sono quelli delle rappresentazioni grafiche del sistema ferroviario, infrastruttura di culto e mania di un consistente numero di appassionati nipponici di treni e stazioni, oltre che mezzo di trasporto feticcio del giallo classico. Punti e linee che riassumono una modernità veloce, che stuzzica l’immaginazione di assassini e giallisti.

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Recensionando / I segreti di Wind River

06 venerdì Apr 2018

Posted by Elisa G. in 2018, Cinematografò, Recensionando

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Tag

Cannes 2017, Elizabeth Olsen, Gil Birmingham, indianume, Jeremy Renner, Kelsey Asbille, morti ammazzati, poliziesco, Taylor Sheridan

La fortuna vive in città è quel genere di battuta memorabile con cui uno sceneggiatore di razza farcisce un film, specie se decide di farlo diventare il suo esordio in veste di regista. Sui lungometraggi che raccontano il cuore nudo e cupo degli Stati Uniti Taylor Sheridan non ha certo bisogno di lezioni, avendo scritto negli ultimi anni esempi strepitosi di analisi cinematografiche della violenza istituzionalizzata alla base degli Stati Uniti d’america, da Sicario (di cui ha appena firmata anche la sceneggiatura per il sequel) a Hell or High Water.
Lo scontro tra natura selvaggia (il confine spaccato dal sole con il Messico, gli spazi immensi texani e qui le montagne impervie del Wyoming) e violenza degli abitanti rivolta contro altri essere umani sembra essere il conflitto che genera la sua stessa scrittura. Un conflitto che ha a sua volta radici profonde e attuali, che generano discriminazione e disuguaglianza, che nutrono l’attuale società statunitense.
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Recensionando / Millennium – Uomini che odiano le donne

01 mercoledì Feb 2012

Posted by Elisa G. in 2011, Cinematografò, Recensionando

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Tag

Christopher Plummer, Daniel Craig, David Fincher, gattini!, Gente che guarda i film coi sottotitoli in ceco, Ho visto la gente nuda, in Svezia c'e' la neve, Karen O, morti ammazzati, Muži kteří nenávidí ženy, Noomi Rapace, Rooney Mara, Stieg Larsson, the girl with the Dragon tattoo

Domani arriverà nelle sale italiane Millenium – uomini che odiano le donne, l’adattamento con più soldi e meno estetica da film tv del primo libro della trilogia di Stieg Larsson.
Considerazioni preliminari:

  • a me il libro è piaciuto molto
  • a me David Fincher piace a riprese alterne (per esempio The Social Network per me è un nì)
  • a me la voglia di vederlo con tre settimane d’anticipo mi ha portato a vederlo in vacanza, nella versione ceca altresì detta Muži, kteří nenávidí ženy

Chiarito con il triplice a me che si tratta di un’opinione personale, mi sento di consigliarvi di andare al cinema a vederlo con una certa celerità.

Considerandolo come un film a sé

Mi sono sempre chiesta cosa avesse spinto uno dalla simpatia congenita come Fincher a prendere in mano una materia così conosciuta, amata e popolarizzata. Lui che se non ha la colonna sonora fighetto chic e gli attori giusti da torturare con decine di la rifacciamo non muove nemmeno un dito. Pensavo che qualche produttore fosse riuscito ad incastrarlo, magari con la promessa di lasciargli carta bianca per qualche sua idea più snob del solito. Invece devo dire che avere la briglia più stretta rende il suo lavoro molto più appetibile. Per una volta il caro David ha messo da parte tutta la sua spocchia registica e si è messo veramente al servizio dello spettatore, facendogli da tramite nella fruizione di una trama che, per quanto avvincente, presenta una marea di personaggi secondari essenziali e un climax narrativo ritardato.
La cura riservata alle ricostruzioni e agli ambienti (tutto girato in Svezia, con set che seguono fedelmente la descrizione letteraria e attori svedesi / facilmente svedesizzabili) è speculare alla cura riservata a rendere il cold case principale e anche le tematiche care a Larsson. Quindi nel pacchetto c’e’ tutto; il concetto piuttosto elastico di famiglia di Mikael, limiti e possibilità della tecnologia (in cui Fincher sguazza come un pesce), misoginia e razzismo latente nella civilissima Svezia, rapporto intricato e problematico con la religione e le autorità, violenza pubblica e privata.
Non è però un adattamento pedissequo. La sceneggiatura funziona alla perfezione, a parte un innesto un po’ forzato nel finale. Il tutto è riprodotto fedelmente, aggiustando solo lo spiegone attesissimo e asciugando un paio di lungaggini proprie del libro. Fincher poi non sta a guardare, non fa mancare alcune soluzioni magistrali e alcune scelte suggestive (il vertiginoso movimento di camera su Lisbeth che medita vendetta), ma senza schiacciare la storia sotto il peso dei virtuosismi. Anche perché lo spazio se lo prende all’inizio, plasmando una sequenza mozzafiato per i titoli di testa; su una nuova versione di Immigrant Song cantata da una scatenata Karen O, David Fincher omaggia le sue origini da regista di videoclip, deliziando lo spettatore/lettore con alcune strizzatine d’occhio e schiacciando sull’acceleratore emotivo ben sapendo di avere davanti a sé almeno 20 minuti in sordina.

A livello tecnico il film è sublime. Tutti i vostri stereotipi sulla fredda luce svedese e sugli interni asettici delle case del Nord Europa verranno ampiamente soddisfatti. La colonna sonora è più di una mera comprimaria.
Per quanto riguarda il casting, è semplicemente stupefacente. La cura nella scelta dei protagonisti è tanta e tale che chi ha letto il libro riconoscerà ad una semplice occhiata tutti i membri della famiglia Vanger. Rooney Mara è perfetta, mantiene una recitazione tesa e sottile nel dipingere un personaggio che, per sua natura, potrebbe scadere facilmente nell’eccesso. Se questa Lisbeth rimane ancorata alla realtà senza sformarla nelle svolte più drammatiche della vicenda, Daniel Craig riesce a tirare fuori la normalità di Mikael e i suoi conflitti morali senza costringerlo al mero ruolo di detective per caso.
Insomma, un adattamento forte di una storia di genere, che va ben oltre la media. Forse non il Fincher più artistico ma, data la desolazione qualitativa di questo giro di nomination agli Oscar, avrebbe meritato di più.

Considerandolo come il secondo remake del libro

Tutto è opinabile. E’ vero. Però guardiamoci in faccia: la versione svedese di questo libro è praticamente un film tv. L’estetica, la banalizzazione dei contenuti più morali della pellicola, la gigioneria di quel Mikael, l’attenzione concentrata esclusivamente sull’indagine, anche un certo calcare la mano sugli aspetti più freak di Lisbeth. Da quelle parti di film veramente valevoli ne fanno, ma questo non è il caso. E’ un la ragazza del lago svedese, che sale di un gradino grazie alla capicità di Noomi Rapace di non gettare alle ortiche un personaggio così fuori standard, donandogli un’umanità inaspettata.
Se poi ragioniamo sul metro dell’adattamento migliore su scala cronologica, allora è inutile che ne discutiamo.
Se c’e’ un film che rende giustizia con interezza non al risvolto giallo, ma ai temi della scrittura di Larsson, è quello di Fincher. Aggiungiamoci una realizzazione più elegante e degli interpreti sempre azzeccati, anche tra i comprimari. Daniel Craig è una star hollywoodiana, ma sul Mikael figazzo un po’ sciupato dalla vita solitaria post divorzio, guidato dalla sua moralità assoluta che fa breccia nel cuore di ogni svedese, beh, non mi pare ci sia storia.
Sulla questione del non vederlo perché la violenza nei film mi fa impressione e Fincher è misogino quindi sarà ancora più violento… per me è un ragionamento al limite della fantascienza. Soprattutto considerando il fatto che la pellicola svedese, a conti fatti, non taglia niente e anzi, mostra di più nella tanto vituperata scena dello stupro. Sotto quel punto di vista i film si equivalgono, anzi, Fincher glissa chiudendo una porta e lasciando al solo audio il compito di agghiacciarci. Ovvio che se si specula su una pellicola considerando i propri ragionamenti non come ipotesi ma come certezze fondate sul nulla, è inutile discuterne. Infine sulle polemiche riguardanti l’atmosfera plumbea della pellicola di Fincher, come se la materia iniziale fosse neutra e ambientata in quel di Capri, vi grazierò di ulteriori commenti.

Lo vado a vedere? Sì, se hai voglia di un buon film basato su un cold case piuttosto intricato e supportato da un ottimo lato tecnico e interpretativo.
Ci shippo qualcuno? Mh, non è questo il punto.
Coefficiente viuleeenza? A patto di non essere troppo impressionabili, non vi turberà la coscienza. A meno che vi infastidiscano le scene di nudo. Ma allora che ci state a fare qui? XD
Conferisco al film una di gradimento personale come roba che avrei voglia di rivedere subito. E per i guardaroba da svenimento con cui hanno rifinito Daniel Craig.

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SFF lover, pro reviewer, every day shipper.

Elisa Giudici, talvolta Gardy, sempre io.

Malvagia, misteriosa ed esotica, ho finito per fare del mio recensire a tempo perso un lavoro, tranne qui, dove continuo a perdere tempo dietro a cinema, letteratura e televisione.

Elargisco aggettivi e rintraccio sottotesti dalla nebbie padane, sognando tappeti rossi, viaggi interstellari, drammi vittoriani e statuine dorate.

Il mio animale totemico è un fottuto cervo metaforico (FCM).

Se "ci shippo qualcuno?" è la vostra domanda, questo blog è la risposta.

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