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Autocompiacimento registico, Cannes 2016, delicate palette cromatiche, dramma familiare obbligatorio, fotografia leccatissima, Gaspard Ulliel, Léa Seydoux, Marion Cotillard, Nathalie Baye, omoaffettività, Oscar 2017, piangerone, tristezza a palate, Vincent Cassel, voice over molesto, Xavier Dolan
Se Xavier Dolan sbaglia un film non è la fine del mondo, o forse sì. Eppure il giovane prodigio del cinema canadese dovrà rassegnarsi, prima o poi, al fatto che il suo ultimo film è un’opera divisiva, incapace di generare quell’unanime accoglienza trionfale che ha caratterizzato quasi tutti i suoi lavori precedenti.
Xavier Dolan non ha fatto mistero di essere rimasto ferito e mortificato dall’accoglienza polemica riservata a È solo la fine del mondo a Cannes e non sembra che nemmeno la vittoria del Grand Prix della Giuria e la candidatura come rappresentate del Canada agli Oscar del 2017 abbiano saputo ripagarlo a dovere.
Se rimane verissimo l’assunto che quando ci si siede a vedere un film di Dolan non si sa mai cosa aspettarsi, stavolta è difficile capire cosa pensare a riguardo anche all’uscita dalla sala.