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Sì, quella del sequel di Blade Runner è decisamente una sfida vinta per Denis Villeneuve. Forse non al livello del capolavoro come salutato dalla critica statunitense, ma è innegabile come il regista canadese di Arrival e Sicario abbia tirato fuori dal cappello uno dei film più significativi dell’anno.
Se la vittoria è certificata, vale la pena di spendere due parole per inquadrare quale fosse veramente la sfida messa davanti a uno dei migliori registi contemporanei (e da ben prima che Hollywood ci mettesse sopra gli occhi).
Anzi, è proprio l’ottima performance di Denis Villeneuve – nonostante gli enormi handicap con cui si presenta alla linea di partenza – che genera il rammarico più forte, insieme all’inutilità acuta e abbastanza nociva di Jared Leto. Dopo quel gioiello di Arrival – che a Blade Runner 2049 rimane per molte ragioni superiore – Denis Villeneuve si sarebbe meritato carta bianca per girare il suo Blade Runner, il suo capolavoro fantascientifico che detti la linea da qui a 30 anni e non lo scomodo ruolo di traghettatore delle visioni di Ridley Scott degli anni ’80 nella modernità.
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