Sin dalla prima scena del primo trailer rilasciato da Netflix Mindhunter urlava al mondo e a pieni polmoni: sono una creatura di David Fincher! Il che è davvero affascinante: cosa rende un’inquadratura strettissima su una fotografia in bianco e nero di un cadavere di donna che esce da un fax un’immagine così chiaramente riconducibile a un singolo regista?

La risposta non è così immediata e anzi, tra critici cinematografici, cinefili e colleghi invidiosi, sono anni che si tenta di dissezionare lo stile unico di uno dei più grandi registi televisivi e cinematografici statunitensi contemporanei. Mindhunter poteva essere poco più di un passatempo remunerativo per un nome che può permettersi di fare più o meno quel che vuole – a patto di girare un thriller più commerciale ogni tanto – al cinema e in televisione. Invece ben presto si trasforma nella più autentica creatura fincheriana, un vero e proprio compendio di cosa ha reso così celebre un regista così celebrale e maniacale da non scomparire nel paragone con Stanley Kubrick. Non da ultimo, il tocco di Fincher ha reso l’ennesima nuova serie TV targata Netflix una delle più strepitose novità dell’anno televisivo 2017.
La versione breve è che la dovete proprio vedere. La versione lunga è: quanto pesa sul suo notevole livello qualitativo il fatto di essere figlia di Fincher? Tanto. Tantissimo.
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