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Ahmed Dramé, Alexander Fehling, c'e' anche un po' d'Italia, Giulio Ricciarelli, Johannes Krisch, ma anche no, Marie-Castille Mention-Schaar, nazisti cattivissimi, Noémie Merlant, Oscar 2016, Shoah, tratto da una storia di poco falsa
Dalla fine della Seconda guerra mondiale il cinema non ha mai spesso di raccontare la Shoah e gli orrori della guerra legati alla soluzione finale nazista, che hanno toccato ebrei e altri indesiderati, carnefici, semplici cittadini, eroi laici e cristiani, tanto che analizzando le produzioni legate al filone è possibile ripercorrere lo sviluppo del discorso sull’eccidio nazista, Come si è ricordato l’Olocausto, come lo si è raccontato via via che i decenni hanno reso l’orrore vivo un misfatto storico e la Shoah da terribile eccidio novecentesco è divenuta pietra di paragone e inevitabile relazione per ogni orrore perpetuato dall’uomo?
Il problema che vive anche il cinema è duplice: parlare e raccontare l’orrore più indicibile con rispetto, ma senza lasciarsi fagocitare da una liturgia di inquadrature e dettagli visivi che ledono la causa più che perpetrarla. Il 27 gennaio 2016 è stata un’annata di uscite particolarmente ricca in questo senso: dopo Il figlio di Saul (il migliore in assoluto, da molti anni a questa parte) oggi vi parlo di altre due pellicole oggi nelle sale, Una volta nella vita e Il labirinto del silenzio, ricordandovi che ci sono due ulteriori appuntamenti: The Eichmann Show e Remember.