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Ang Lee, delicate palette cromatiche, fotografia leccatissima, Gérard Depardieu, i nostri amici arabi, immaginifico sognante e tutte quelle menate lì, Irrfan Khan, post di pubblica utilità, Richard Parker, Suraj Sharma, Yann Martel
Dato il tempo trascorso dall’uscita in sala e la mia spontanea avversione verso Ang Lee, coronata in un quadruplo insulto carpiato durante la cerimonia degli Oscar 2013, ho pensato di prenderla alla larga e di parlare del rapporto tra libro (che vi stra-consiglio) e film (che vi consiglio un po’ meno).
Il post ha avuto una gestazione parecchio lunga e complicata, quindi preparatevi al wall of text (non per volere usare termini stranieri a tutti i costi, ma papiro secondo me non rendeva l’idea…diciamo che è sicuramente non posso rassicurarvi e dirvi che non è nemmeno un rotolo). Non assicuro nemmeno che non parta l’insulto a un certo punto…voglio dire, è sempre un film di quel piacione di Ang Lee. La prossima volta parlerò di qualcosa che non mi generi l’insulto automatico, promesso.
Occhio, spoiler consistenti da entrambi.