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Brendan Gleeson, Charlotte Rampling, delicate palette cromatiche, fantascienza, father issue, fotografia leccatissima, gente figa, Jeremy Irons, Marion Cotillard, Michael Fassbender, scienziati che combinano casini micidiali, spiegazioni cazzare, svolte complottare, videogiochi
Il media videoludico, più giovane e rampante di tutti, sta chiaramente tentando di espandere i suoi confini oltre il mondo dei videogiocatori, per rendere franchise di successo come Warcraft o Assassin’s Creed redditizi oltre la loro normale sfera di influenza. Il processo è legittimo e lungimirante da parte di un’industria che cresce ad un ritmo forsennato e incassa tanto denaro quante controversie praticamente su ogni suo aspetto (rappresentazione, rapporti con la stampa, evoluzioni hardware e software), forse proprio per la velocità convulsa con cui evolve se stessa.
Se è vero che in termini di linguaggio i confini tra cinema e videogiochi si fanno sempre più indistinto, l’incapacità dei colossi del gaming di sfornare un film convincente denota quale enorme differenza permanga nel fare business dai due lati della palizzata: essere un grande produttore di videogiochi non vuol dire automaticamente saper far funzionare un franchise su grande schermo come uno studio cinematografico. E dire che Assassin’s Creed, per premesse e ambizioni, sembrava davvero il passpartout in grado di scardinare finalmente la barriera tra cinema e gioco. Continua a leggere