Che il modello Marvel funzioni ormai è un fatto assodato, tanto che spesso lo si dà per scontato, quasi fosse un risultato tutto sommato semplice portare a casa bene o quantomeno dignitosamente ogni film supereroistico su cui si mette mano, grande o piccolo, prequel o sequel, super blockbusterone dai costi vicini a una manovra finanziaria o cauto esperimento finanziato con il minimo sindacale.
Con l’acquisizione di Marvel e FOX da parte di Disney diventa sempre più rara l’occasione fornita da Spider-Man: Far From Home: la possibilità di vedere il modello Marvel usato da terzi con le stesse facce e le stesse storie. Attori dell’ecosistema MCU impegnati in un progetto che sulla carta è il più possibile ricalcato su quella famosa formula infallibile, ma che anche qui evidenzia uno scarto, una distanza minima ma percepibile rispetto a quando Marvel Studios è totalmente in controllo della lavorazione e non coinvolta fino a un certo punto, come supervisore e consigliere sul campo. È in quello scarto minimo che si nasconde il valore aggiunto dei Marvel Studios, quel quid che rende i film visti da spettatori come spontanei, semplici e quasi intuitivi, ma che in realtà sono quasi l’esatto opposto. Lo testimonia la pila di epigoni Warner Bros/DC, per cui quell’intercapedine tra modello e riproposizione si è rivelata spesso un baratro.
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