Tag

, , , , , ,

Il 2018 sarà l’anno di Richard Morgan, o almeno è quello che si spera riesca a realizzare l’imminente adattamento televisivo di Netflix del primo e a tutt’oggi più famoso romanzo dello scrittore inglese di fantascienza e fantasy grimdark che è un po’ il cocco di mamma sulle pagine di gerundiopresente. Ci tengo quindi ad arrivare il più preparata possibile, da lettrice e da blogger, a questo importantissimo appuntamento, atteso da più di un decennio.
Già nel 2002 infatti Warner Bros. opzionò i diritti del noir fantascientifico d’esordio di un docente di lingua inglese che decise di riversare tutta la sua furia e la sua rabbia in Altered Carbon. Se il romanzo fece da subito una certa sensazione vincendo il Philip K. Dick Award e conquistando una buona fetta di pubblico dentro e fuori il Regno Unito, dopo un decennio mantiene la sua fama, la sua rilevanza nel campo e persino un’edizione italiana ancora reperibile con facilità, aspetto tutt’altro che scontato.
A domanda diretta, Richard Morgan (con un K. decorativa per l’editore americano) risponde spesso di scrivere per assecondare la furia, rage. Il termine è uno splendido sunto della sua scrittura ma non una descrizione così calzante di Altered Carbon, un romanzo che, a rileggerlo 15 anni e quasi una decina di romanzi dopo, sembra il meno morganiano del campionario a disposizione e il più rassicurante e tradizionale per il neofita dei suoi mondi.
Almeno questo vale per la sua prima parte, meditata ed giocata sull’economia di storia e di scrittura come mai più sarà, nel bene e nel male, la scrittura di Morgan, uno che con passare degli anni è sempre più sommerso tra le righe dalla sua passione dalla sua irruenza.

L’inizio del poliziesco fantascientifico alla Blade Runner che gli ha donato la notorietà e che ad oggi è il punto migliore da cui cominciare la scoperta della sua opera ha influenzato profondamente la scena internazionale e, a giudicare dai tanti premi Urania dell’ultimo decennio, anche quella italiana. Abbiamo un detective che opera ai limiti della legalità sullo sfondo di una città futuristica, un caso apparentemente banale che coinvolge un riccone e una femme fatale, il tutto condito con una tecnologia plausibile che porta profonde ripercussioni sociali.
Altered Carbon insomma s’inserisce in un filone la cui enorme popolarità ha cominciato a scemare solo da un paio d’anni, dopo aver toccato anche il cinema, i videogiochi e il fumetto in qualità di fantascienza più accattivante per il pubblico generalista e facilmente ibridabile.

A differenza di tanti epigoni, il primo capitolo delle avventure di Takeshi Kovacs non è invecchiato bene, no: non è proprio invecchiato di un giorno, a riprova della solidità duplice delle strutture su cui si poggia.
Da una parte abbiamo un caso investigativo tanto tradizionale quando difficile da anticipare: un uomo molto ricco si suicida in una stanza chiusa, in una modalità che difficilmente altri avrebbero potuto inscenare, anche con l’aiuto della moglie di lui. Grazie alla tecnologia, questo potente è ancora vivo e vuole scoprire a tutti i costi cosa sia davvero successo in quelle ore che non ricorda più. I suoi legami politici con le Nazioni Unite (nel frattempo diventate interplanetarie) e le sue fantasie erotiche pericolose e ricche di prostituzione popolano la scena di tanti possibili candidati al ruolo di assassino, senza contare che i numerosi tentativi di far fuori l’investigatore forestiero che ha assunto suggeriscono che qualcosa di losco ci sia davvero.

Dall’altra abbiamo un salto tecnologico gestito in maniera così matura e sagace che difficilmente ci si immaginerebbe un esordiente assoluto a gestire questo carbonio alterato, una sorta di disco rigido che immagazzina ricordi, sensazioni fisiche ed esperienze delle persone, nascosto nella prima vertebra di ogni individuo. Chi ha potere e soldi può dunque comprarsi un surrogato più che accettabile di immortalità: basta potersi pagare un mutuo per comprare un nuovo corpo (naturale o artificiale) o clonare direttamente il proprio e, quando la vecchiaia avanza o un incidente pone fine alla propria vita, ci si scarica nel corpo successivo e si continua a vivere.
Come ogni società capitalista che si rispetti, specie se a immaginarla è uno scrittore inglese molto incazzato e politicamente schierato, la capacità di cambiare custodia (sleeve) e di sopravvivere ai danni organici (organic damage O.D.) finisce per essere il discrimine tra classi sociali, quanto oggi può esserlo l’assicurazione sanitaria negli Stati Uniti.

The human eye is a wonderful device. With a little effort, it can fail to see even the most glaring injustice.

La posta in gioco però è più alta della vita, perché chi ne ha le capacità e la predisposizione può vivere centinaia di anni, così come fanno i matusa (Meth da Methusalem), l’un per cento terrestre che ora può continuare a piegare le leggi e smussare gli angoli a proprio favore per decine e decine di vite. Lo stesso Kovacs viene praticamente costretto a indagare, di fronte al pagamento di una somma sostanziosa e alla promessa che in qualche modo verrà azzerata la sua centenaria condanna penale, da trascorrersi non più in prigione, ma in una tanica, nella speranza che il proprio corpo non venga affittato a qualcuno e che allo scadere della condanna, quando si potrà di nuovo essere inseriti in una custodia, sia possibile ritrovare in qualche corpo i propri cari.

Ironia della sorte, Kovacs, abitante della colonia di Harlan World abituato ad immaginarsi in un corpo di fattezze asiatiche, all’uscita della tanica si ritrova per la prima volta “scaricato” come un file rar nel corpo di un poliziotto accusato di corruzione. L’esperienza è traumatizzante anche per un ex soldato addestrato come Envoy (corpi speciali super scelti e anche parecchio controversi) come lui, figuriamoci per una persona normale. Come vi sentireste voi dopo un’incidente d’auto a tornare  dai vostri cari in un corpo radicalmente diverso? Ci sarebbe la chimica di un tempo con l’amante di sempre, i vostri figli vi troverebbero rassicurante oppure voi stessi, attraverso questo nuovo corpo, trovereste detestabili i vostri congiunti?

Richard Morgan è uno propenso ai colpi di testa, ma dentro quel cranio si nasconde un talento davvero non comune, che da una pagina all’altra a metà volume cambia radicalmente stile e ritmo. Si lascia alle spalle la calcolata economia della prima parte, si fa travolgere dalla sua stessa irruenza, ma rendendo il tutto ancora più palpitante, brutale e trascinante. Scrittore grimdark a livello molecolare, ancor prima che il termine per questa corrente ultraviolenta venisse coniato, non è davvero il tipo da tenere il lettore per mano, anzi, lo scaraventa dentro un mondo il cui funzionamento tecnologico e le infinite ripercussioni sociali, politiche e storiche lo stesso si dovrà ricostruire pezzo per pezzo.

it’s just business, it’s politics, it’s the way of the world, it’s a tough life and that it’s nothing personal.
Well, fuck them.
Make it personal.

Se c’è un aspetto in cui Morgan non teme rivali è la complessità che sa far fiorire dal suo plausibile presupposto tecnologico, la pervasività con cui gli fa tingere ogni cosa, tanto da rendere il world building molto più dettagliato di quello che uno si aspetterebbe da un romanzo di quattrocento pagine e spicci. Altered Carbon è un esordio così profondamente immaginato in ogni suo aspetto che c’è una sovrabbondanza di angolazioni da cui avvicinarlo: c’è la sottile ma incombente presenza di un civiltà marziana ridotta a macerie e artefatti, ci sono i giochi di potere delle corporazioni, c’è la piccola criminalità al servizio delle stesse pronta a compiere le peggiori aberrazioni, c’è una pornografia virtuale più vera del vero, c’è il lento ma ineludibile allontanamento di una terra sempre più corrotta e preda di fanatismi (in primis quello cristiano, rivelando l’indole da mangiapreti del nostro) da colonie molto più giovani e decisamente meglio gestite, c’è persino la sharia, una guerra santa dove ti può capitare di venire torturato in pochi minuti per quelli che a te sembrano anni, utilizzando qualche software e i dati presenti appunto nel pezzetto di carbonio alterato estratto dalla vertebra in cui era stato posizionato. Si può fare a pezzi il corpo di un uomo e questo può tornare a vivere senza alcuna cicatrice e si può maciullare la mente di una persona torturandola fino alla follia, senza nemmeno che la stessa sia scaricata in un corpo.

La copertina della ristampa inglese più recente di Altered Carbon, inserita in una collana a lui dedicata con un grafica unitaria e finalmente non terrificante. Grazie Gollancz.

Richard Morgan rende ogni suo romanzo una dannata faccenda personale, dove rischi di rimanere tumefatto dall’irruenza dei suoi protagonisti, dalla violenza dei mondi in cui cercano di sopravvivere, dalla forza delle sue idee.
A 15 anni di distanza, Altered Carbon rende chiaramente evidente da una parte perché sia stato tanto corteggiato da cinema e TV, dall’altra quanto sarà difficile restituirne le complessa e brutale bellezza senza scendere a compromessi. Rileggendolo oggi non sarei così propensa a definirlo il miglior romanzo di Morgan perché trovo che altrove, seppur con più sbavature, riesca a tirar fuori svolte e idee così stupefacenti da far sembrare quasi tradizionale e un po’ banale un romanzo di questa complessità.

Certo è una fortuna per voi poterlo approcciare in un territorio tutto sommato così familiare, a patto di non soffrire la violenza fisica e psicologica, unica vera controindicazione alla lettura: qui ci sono sue scene di tortura davvero raccapriccianti. Personalmente gli preferisco un capitolo a caso di A Land Fit For Heroes, che però forse è più dedicato all’appassionato morganiano, anche se 5 romanzi e 10 anni in più sulle spalle fanno sembrare certi passaggi di Altered Carbon un po’ naif.

L’edizione italiana a cura di Nord e tradotta da Curtoni ha optato per un titolo ben poco evocativo. Originariamente lo lessi proprio in quest’edizione italiana, di cui però conservo pochissimi ricordi, quindi non vi saprei dire come sia la traduzione. Tuttavia non ne ho mai sentito dir male e il fatto che sia ancora in catalogo dopo tutti questi anni è già un grande regalo.

Questo invece è il logo per la serie Netflix, l’unica immagine al momento disponibile.

In Essentials trovate un catalogo con tutte le recensioni precedenti dedicate a Richard Morgan e ai libri più rilevanti del panorama SFF. Quanto vi vizio.