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cannes_aquariusStrizzato tra la mastodontica distribuzione di Star Wars e la concorrenza giovanile di Tim Burton, tra le uscite di questa settimana c’è un controproposta autoriale che rischia di rimanere stritolata e questo non succederà, almeno non su questi lidi. Sin dai tempi di Cannes Aquarius si è dimostrato un lottatore nato. Da quando i protagonisti protestarono contro il tentativo di impeachment di Dilma Rousseff sulla Croisette, il film è stato oggetto di boicottaggio più o meno diretto, sia nelle sale sia con tecniche più subdole (il divieto ai minori di 18 anni diramato solo in Brasile, la scelta di non candidarlo agli Oscar pur essendo di gran lunga il concorrente migliore che il Brasile potesse schierare). Eppure, forte come la sua protagonista, continua la sua lenta avanzata, attorniato da recensioni più che lusinghiera.

Non c’è regista meno citato di Kleber Mendonça Filho tra quelli che si sono sfidati in questa edizione di Cannes, dato che il suo lavoro e il suo film sono interamente fagocitati da Sonia Braga, interprete principale del film, musa, totem femmineo e politico di una pellicola saggiamente costruita intorno a lei e al suo naturale carisma.
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Aquarius è il condominio in cui vive la sua Clara, una giornalista musicale ormai in pensione e dedita a godersi una tranquillità economica e spirituale figlia della sua burrascosa vita e del lutto per la morte del marito. La sua consolidata routine fatta di nuotate quotidiane in un trattio di oceano infestato dagli squali e lunghe sessioni di vino e musica riprodotta da vecchi LP viene distrutta dal tentativo di una rampante impresa edile di acquistare il suo appartamento, l’ultimo ancora abitato nel condominio vista mare, per costruire al suo posto una palazzina destinata ai nuovi ricchi della capitale.

L’Aquarius è il contempo il simbolo di una discendenza matriarcale, quella famiglia di Clara, e simulacro di un Brasile povero ma fiero che sta cedendo terreno alle mire urbanizzatrici di una nuova classe politica ed economica. Lo scontro sarà senza esclusione di colpi, come lo è ogni volta che la mentalità di una generazione precedente si scontra con quella successiva. Se persino una banale cassettiera è ricordo sconosciuto a tutti ma vividissimo dei ricordi più bollenti della gioventù di Clara, figuriamoci l’appartamento lasciatole dal nonna Lucia, primo magistrato donna del Brasile. La casa per Clara è praticamente un’estensione del proprio corpo, capace di rimpiazzare anche del seno perduto in gioventù a causa di un tumore.

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La sua lotta per non farsi cacciare dalla sua stessa casa sarà quindi senza quartiere, nonostante diventi via via venata dall’amarezza di un costante, sottile memento mori: Clara sa che alla sua morte i figli, che si sono già schierati contro di lei, venderanno subito la casa, che invece lei considera quasi un ramo familiare da trasmettere alle future generazioni. Via via capisce come la sua posizione sia venata da tanto individualismo e tanta immaturità quanto quella del giovane affarista che tenta con ogni mezzo (alcuni dei quali davvero biechi) di farle cambiare idea.

Oltre al corpo di Sonia Braga, che finisce persino per comporre i tre atti in cui è diviso il film (di cui uno è dedicato al meraviglioso feticcio che sono i suoi lunghissimi, nerissimi capelli), Aquarius spicca tra i film autoriali di quest’annata per una scrittura davvero mai banale, capace di uno sguardo lucido sulle ingiustizie sociali e gli oppressi dalle logiche palazzinare che imperversano in tutto il globo, senza mai dimenticare di mostrare anche le debolezze e le piccole ipocrisie a cui cede Clara nella sua lotta più difficile e altrettanto persa in partenza: quella contro la morte.

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Lo vado a vedere? Ingiustamente trascurato nonostante le ottime recensioni a Cannes, Aquarius è un ottimo prodotto autoriale che conferma l’ottimo stato di salute del cinema sudamericano, capace di fondere politica, amore e morte in film di luminosa bellezza e di una concretezza quasi carnale. Se questo e la notevole performance della Braga (che deve a Kleber Mendonça Filho il ruolo della vita) non bastassero, vi anticipo che zitto zitto questo lungometraggio piazza lì almeno un paio di scene memorabile, di una bellezza e una forza sconvolgenti. Fate voi.
Ci shippo qualcuno? No, ma i livelli di hair porn in questo film sono illegali.