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godzillaSe da una parte non mi aspettavo di trovare proprio in Godzilla, la mega-hit estiva di casa Warner, il film da difendere contro tutti dell’anno, dall’altra è davvero sorprendente leggere le reazioni di chi ha già visto il primo monster movie a subire dell’influenza di quel che Pacific Rim è stato per il genere. Difficile trovare due persone che la pensino allo stesso modo su quanto è riuscito, cosa è piaciuto, cosa è andato storto, come posizionarlo rispetto ai suoi predecessori. Mentre parte lanciatissimo al box office americano e si comporta davvero bene anche da noi, Godzilla si rivela essere un film tra i più divisivi dell’ultimo periodo.
A me personalmente è piaciuto moltissimo e neppure l’ondata di malcontento seguita all’uscita nelle sale mi ha fatto ridimensionare l’opinione all’uscita dalla sala. Probabilmente tra le scelte nette che mette in campo, Godzilla è andato a pescare giusto quelle che erano più congeniali per me.

Post [SPOILER], proseguite a vostro rischio e pericolo.

Dopo la fracassonata epica di Guillermo del Toro, Godzilla sembra quasi obbligato a rispondere e replicare. Lo fa in maniera personalissima, pescando quel che non ti aspetti dal predecessore (i kaiju, e complimenti al coraggioso marketing della Warner per aver fatto passare sotto silenzio un “dettaglio” del genere) e discostandosi il più possibile da quella che forse era la caratteristica distintiva di un film commercialmente salvato dagli incassi cinesi ma già diventato un piccolo cult: il tono epico e roboante con cui approccia ogni singola scena.
Godzilla invece è l’esatto opposto e lo si capisce fin dai titoli di testa, summa del film stesso per cromatismo, cura del dettaglio visivo e una certa pacatezza di toni. Messo di fronte all’impossibilità di sparare più in alto delle uscite di Del Toro, lo sceneggiatore Max Borenstein fa una scelta abbastanza azzardata per un film di questo genere e questa portata: riporta tutto a livello zero, attutendo i toni e rallentando il ritmo. L’approccio rimane quello classicissimo del mostro che comincia a palesarsi e una fottuta organizzazione segreta sapeva già tutto ma col cazzo che hanno avvisato qualcuno, e ti pareva! Solo che a mettere in forse l’umanità non è (ancora) Godzilla, bensì un “muto”, un mostroide parecchio incazzoso e con il potere bastardissimo di prevenire chiunque dal poter farsi una selfie con lui. In un film tanto pacato però la gente non fa foto e non fa stronzate, si limita a urlare giusto il necessario e a scappare, bambini e cani con il classico reaction shot in testa.

A tanti ha dato fastidio l’introduzione tardiva di Godzilla e questo misto di estremo realismo e scarsa plausibilità nella reazione dei terrestri: c’è chi si lamenta perché la reazione dell’esercito americano è troppo contenuta rispetto al solito bombardamento preventivo volto solo a far incazzare il mostro e chi rimane profondamente irritato da un’Elizabeth Olsen che registra l’arrivo di orripilanti creature giganti con poco più di un battito di ciglia. La realtà è che dopo film su film in cui l’umanità era al centro dell’azione, intenta a fare il culo o farsi salvare il culo da Godzilla, qui c’è un ribaltamento di prospettive in cui l’umanità conta meno di zero ed è relegata al mero ruolo di spettatore nella contesa tra i giganti del passato terrestre, la cui genesi e il risveglio nucleare non possono che suonare più sinistri dopo che Fukushima ha purtroppo fornito un paragone realistico su cui è innestata la genesi classica della creatura (e quindi sì, che i giapponesi abbiano taciuto di aver un mostro nella loro centrale nucleare per 15 anni a me è suonato assolutamente plausibile, voglio dire, Fukushima!).
Dopo anni di lamentele sull’assurdità dei personaggi umani e l’impossibilità di tratteggiarne i connotati in una pellicola in cui non sono mai il punto focale, ho trovato rinfrescante questo manipolo di umani rappresentativi, tutti piuttosto dimessi, quotidiani, senza la vocazione dell’eroe o la faccia eccessivamente hollywoodiana. La parte del leone la fa Bryan Cranston, la cassandra inascoltata generatrice di automatico father issue nel figlio Aaron Taylor-Johnson, uno sminatore senza manie da supereroe che si ritrova senza troppo clamore a mettere in atto un mezzo genocidio alieno e a farsi salvare la pellaccia da Godzilla, un mostro di cui si è riusciti a rendere la massiccia imponenza, la terrorizzante stazza e il carattere alpha anche nel 2014, sfida abbastanza proibitiva. A mio parere il poco minutaggio dedicatogli è congeniale a mantenere questa percezione di grandezza impossibile, facendolo apparire sempre parzialmente, fugacemente, facendolo ruggire e poi portandolo subito fuori scena, evitando un’esposizione eccessiva che potrebbe pregiudicare quell’impalpabile sensazione d’inerzia della popolazione terrestre. Il film ha un tono così dimesso sia nella realtà familiare dei protagonisti (famiglia normale che fa cose normali e il cui unico guizzo filmico è quello di una moglie che si impunta contro ogni logica di attendere il marito in una città assediata dai mostri) sia nell’approccio ai mostri che quando Godzilla tira fuori il suo superpotere si ha quasi un momento di sospensione, perché non è realistico, come se tutte le premesse precedenti lo fossero state, come se l’epicità di quella svolta per un momento suonasse fuori posto.
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La pellicola sceglie poi d’inserirsi in un genere meno frequentato da Hollywood, quello di Godzilla salvatore del pianeta. A colpire però è il disinteresse con cui Godzilla (non) interagisce con gli umani, la totale indifferenza con cui da predatore caccia le sue prede poi mena le tolle, senza manco schiacciare un po’ di militari che lo infastidivano con le loro atomiche da mezzo secolo.
Se Godzilla salva l’umanità con sostanziale indifferenza, l’umanità che cerca di salvarsi da sola rivela la sua totale incapacità di manipolare il poco potenziale offensivo a sua disposizione, finendo per avverare quel destino di catastrofe annunciata che la California sente su di sé un po’ da sempre. Questo frangente finale è sì piuttosto affrettato e buttato lì di malagrazia, quando invece mostrare come la bomba atomica si sia rivelata la sciagura più distruttiva per la vicenda sarebbe stato un bel punto messo a livello di trama.

Quello che rimane notevole e fuori portata di qualsiasi critica (perché ok che tutto è opinabile, ma fino a un certo punto) è l’incredibile regia di Gareth Edwards, un azzardo enorme preso dal produttore e rivelatosi una scommessa stravinta. Se da subito il misconosciuto Edwards dirige un film tanto complesso e costoso con la maestria di un veterano, nell’ultima mezz’ora si impone con un susseguirsi di scene sostanzialmente perfette e visivamente impeccabili, in primis l’iconico lancio dei paracadutisti, un trionfo un filo autocompiaciuto (ma ci sta TUTTO) che si imprime nella mente, una di quelle scene che quando le vedi sai che citerai negli anni a venire.
Pur sporcata da qualche azzardo per giustificarne la presenza ai margini dell’azione, anche la coppia protagonista dimostra un bell’affiatamento a livello affettivo (il che promette più che bene per Avengers 2) e un calore quotidiano che in questi film raramente si respira. Lontano dagli stereotipi iconici e supereroistici di Pacific Rim, qui si limitano a svolgere la funzione narrativa loro assegnata, senza tentare di fare più del mero supporto informativo, lasciando a Godzilla il compito di ruggire e strappare applausi in sala. Anche la controparte scientifica, il duo Watanabe-Hawkins, è sostanzialmente propedeutica alle mere esigenze del racconto, presentando specularmente le medesime caratteristiche (sino al father issue direttamente da Hiroshima) e i medesimi limiti. Il punto è che però il film non ci illude nemmeno per un secondo di volerli rendere più di quello che sono, perciò va bene così, finché Godzilla cancellerà l’apocalisse non avremo bisogno d’altro.

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Lo vado a vedere? Depressa e demoralizzata dal feedback negativo di quanti avevo spinto alla visione, preferisco non sbilanciarmi quanto vorrei. Serve ovviamente una propensione al genere mostroidi e affini e un pizzico di fortuna, a quanto pare. Tuttavia se siete interessati sotto il profilo registico, il lavoro di Gareth Edwards lo dovete proprio vedere, non ci sono scuse. Diciamo pure che se l’imminente Xmen è raccomandabile come film per la vostra estate senza alcuna riserva, Godzilla racchiude in se alcuni passi falsi ma anche alcuni guizzi che sono destinati ad essere citati a lungo, ben oltre l’assolata stagione estiva. Si tratta dell’ennesima, riuscitissima ricollocazione del monster movie. Se non siete convinti, tranquilli: sono certa che ben presto darà i natali a un più che egregio honest trailer.
Ci shippo qualcuno? Ovviamente no, anche se non è che mi sia sfuggita tutta quella serie di occhiate intense tra Ford e Godzilla (che sostanzialmente lo protegge dalla vendetta di Mamma Muto per tutto il secondo tempo), signor no.