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big hero 6 1Big Hero 6 è la sorpresa silente di questo Natale. Lontano dai clamori della stampa, schiacciato dall’attenzione mediatica riservata al ritorno di Nolan e Katniss al botteghino, ha cominciato a macinare silenziosamente dollari, tanto da poter puntare con tranquillità ai 200 milioni d’incasso casalingo prima delle feste natalizie.
Merito di una collocazione perfetta, in un periodo in cui le famiglie vogliono portare i pargoli al cinema ma si trovano davanti una pletora di film oscuri e tristoni. Arriva in loro soccorso il marchio sicuro della Disney, sempre più decisa a investire nell’appuntamento natalizio per grandi e piccini, puntando sui valori tradizionali e su storie universali.

Dopo l’incredibile successo di Frozen, alla casa del Topo continua l’assimilazione dei talenti e dei motivi narrativi della Pixar e il loro inserimento nel canone Disney (ovvero l’elenco completo e progressivo di tutti i film disneyani considerati “classici immortali”, fuori dalle logiche temporali e storiche e quindi sempre attuali).
Big Hero 6, che vanta come produttore esecutivo John Lasseter, è il risultato di questo processo d’impoverimento della Pixar, ormai ridotta a grattare il fondo del barile puntano su sequel delle sue saghe più amate (cfr. Toy Story 4) e incatenata da logiche di merchandise e commerciabilità.

Se la formula è quella del film per famiglie con cui sono cresciute tutte le generazioni dal dopo guerra ai pre millenials, è innegabile come Disney si muova come una vera e propria multinazionale contemporanea, attenta a mantenere un’immagine pulita, inclusiva e positiva dei propri prodotti. Big Hero 6 infatti è il trionfo del politically correct, attentamente dosato per non essere mai pedante, eppure dirompente rispetto alle pellicole di qualche decennio fa.
Il film è ambientato a San Fransokyo, un ibrido architettonico e culturale tra la metropoli americana e quella giapponese, un chiaro omaggio al genere supereroistico e robotico tanto amato nel Sol Levante.
Il protagonista, Hiro, è un ragazzino che coniuga il triste passato dell’orfano disneyano e marcate fattezze orientali. Nel suo gruppo di amici troviamo una ragazza orientale, due caucasici e un ragazzo di colore; una delle ragazze, Gogo, si pone come una vera e propria icona femminista, tanto da esortare più volte il protagonista a “comportarsi da donna!“. Più in generale il modello è quello della famiglia “non tradizionalmente tradizionale” della Disney, con tantissimi inserti della cultura giapponese (una cuociriso qui, un funerale shintoista lì, un cattivo che indossa una maschera kabuki là) e, come in Brave, l’assoluta mancanza di una storia d’amore di rilievo.

BIG HERO 6

Il film è chiaramente indirizzato al pubblico più giovane, risultando ampiamente prevedibile ma comunque interessante per gli adulti. Se la genesi del piccolo gruppo di supereroi nati per indagare sul misterioso furto dell’ultima invenzione di Hiro e le rivelazioni finali non sono mai davvero sorprendenti, le sfumature più sottili e vagamente sovversive sono alla portata solo del pubblico adulto a caccia di sottotesti. Prendiamo il protagonista Hiro: è uno scienziato geniale, un piccolo prodigio ancora più intelligente del fratellone Tadashi. Lo studente universitario è la sua guida morale, il genio positivo che crea Baymax, un robottino autodenunciatosi come coccoloso e adorabile dietro cui si nasconde un operatore sanitario destinato a fare del bene all’umanità. Al contrario il genio di Hiro è spesso distruttivo e violento e, quando gli viene a mancare una guida (qui si urla già Propp da tutte la parti eh) il film per alcuni istanti pare quasi trasformarsi nella back story di un supercattivo.
Se con il passare dei minuti la pellicola diventa sempre più chiaramente supereroistica, Big Hero 6 ha una vocazione fantascientifica sorprendente per un target tanto basso. Il gruppi di amici di Tadashi lavora  nel “lavoratorio dei Nerd” a invenzioni che sono la summa di futurismo e stretta attualità scientifica; il magnetismo che riduce l’attrito della biciclette e le stampanti 3D vengono perfettamente armonizzate con un’atmosfera tra quella del campus universitario e quella di una first class animata, con la scienza a fare da collante tra i protagonisti, ragazze incluse.

arruffianarsi l'internet: gatto ciccione e robottino coccoloso. Awwww.

arruffianarsi l’internet: gatto ciccione e robottino coccoloso. Awwww.

Questi buoni risultati artistici e di botteghino però sono ottenuti ancora una volta sacrificando una componente sempre più rara nella casa del Topo: l’azzardo innovativo. Big Hero 6 ha un grosso limite: vive di prestiti, omaggi e scopiazzature dalle pellicole più riuscite (animate e non) degli ultimi anni, limitandosi a replicare, prendendo raramente l’iniziativa.
Il debito più grosso è chiaramente quello con Gli Incredibili di Brad Bird, quantomeno a livello di contenuti; la sceneggiatura però è lontanissima dalla raffinatissima ironia di quello che è ad oggi uno dei capolavori della Pixar, un grande film al di fuori del genere dell’animazione. Alla regia però c’è il duo di sceneggiatori responsabile della trasformazione di un mezzo disastro in un cult assoluto come “Le Follie dell’Imperatore”, quindi è davvero difficile immaginare che questa mancanza di vivacità narrativa dipenda dai soggetti e non dalle direttive dei piani alti.

D’altronde il segno che qualcosa è cambiato irreversibilmente arriva con una scena di volo che è presa di peso da How to Train your Dragon e riaggiornata in chiave robotica, con un risultato ai limiti del plagio. Se Disney da modello diventa inseguitrice proprio della Dreamworks, allora è avvenuto un cambiamento epocale e forse ne avremo la prova anche alla notte degli Oscar (chiariamo: io sono #TeamWB con “The Lego Movie”).
Gli accenni e i rimandi all’animazione giapponese poi non si contano: Power Ranger, Angelic Layer, persino una scena dagli echi Neon Genesis Evangelion, senza dimenticare i debiti interni di casa Marvel.

L’impressione è che Pixar, Marvel e Lucas Film non si siano limitate a venire assorbite da Disney, ma si stiano mescolando sempre di più tra di loro, prendendo in prestito elementi una dalle altre, fino ad un’inevitabile omogeneizzazione. Come spiegare altrimenti la scena alla fine dei titoli di coda (ricordatevi di rimanere in sala!) e il suo contenuto?
Non manca poi il classico easter egg di altri personaggi disney: se non l’avete individuato, eccolo QUI.

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Lo vado a vedere? Big Hero 6 è un film molto curato e garbatamente divertente, un omaggio al genere supereroistico e robotico con sfumature tipicamente giapponesi. Un ottimo film di Natale per i più piccoli che non annoierà gli accompagnatori adulti, ma i tempi dei fasti Pixar per adulti e cinefili sono, purtroppo, ormai lontanissimi.
Ci shippo qualcuno? La Disney tende a scatenare il peggio nella gente ma mi sentirei di dire no. Sono pronta ad essere smentita. Comunque la coccolosità di Baymax potrebbe rendere veramente curativa la possibilità di abbracciarlo: una geniale mossa in chiave gadgettistica.