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The_Goblin_Emperor_coverIn un anno in cui le rose di finalisti dei maggiori premi SFF sono state irrimediabilmente alterate da scontri politici ed ideologici senza precedenti, un solo titolo stand alone è riuscito a farsi strada verso la nomination nelle competizioni che contano. Poco più di una settimana fa ha vinto il Locus Award come miglior romanzo fantasy dell’anno letterario ed è notizia di oggi che è riuscito ad entrare anche nella cinquina finale dei prestigiosi World Fantasy Awards, dopo la doppietta di nomination al Nebula (dove è capitolato di fronte alla meritatissima vittoria di VanderMeer) e agli Hugo, dove la partita è ancora tutta da giocare. L’attenzione dovuta a questa sorpresa editoriale è stata deviata dallo scandalo dei sad puppies e purtroppo The Goblin Emperor non ha goduto della consacrazione di sorpresa dell’anno che avrebbe altrimenti ricevuto, dato il consenso raggiunto tra critica e lettori. Un esordio che in realtà nasconde un’autrice già affermata, desiderosa di scrivere qualcosa di differente dal suo repertorio senza che le scarse vendite legate alle sue saghe influenzassero troppo l’andamento del titolo. The Goblin Emperor è davvero qualcosa di diverso nel panorama fantasy attuale.

And we wish them trapped there as we were trapped.’
‘You consider that unjust, Serenity?’
‘We consider it cruel,’ Maia said. ‘And we do not think that cruelty is ever just.’

Dopo un lungo periodo di malattia, Sarah Monette, apprezzata autrice fantasy che può contare su una fanbase davvero ristretta, si mette al lavoro su un nuovo titolo, un romanzo high fantasy con protagonista un ibrido, mezzo elfo e mezzo goblin, che si ritrova all’improvviso a guidare le terre elfiche.
Le sue precarie condizioni di salute le hanno impedito di rimanere aggiornata sul dibattito in corso di sviluppo su internet, dove la critica verso il fantasy di stampo tolkeniano classico (buoni contro cattivi, bianco e nero, cappa e spada) prodotto con dovizia di scrittori e successo (vedi alla voce Brandon Sanderson) negli Stati Uniti si sta condensando sotto un termine ben definito di grimdark. Come nel caso di molte definizioni artificiali, in realtà all’interno dell’etichetta si trova di tutto: l’ironia caustica di Richard Morgan, un gusto estetico che ama le tinte forti, la violenza e le situazioni hard boiled, un mezzo per portare prepotentemente in scena minoranze fino a poco tempo fa escluse (cfr. Kameron Hurley) e purtroppo anche un gusto pornografico per la violenza fine a se stessa difficilmente giustificabile.

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Di tutto questo però l’autrice sotto pseudonimo Katherine Addison non sa nulla, non prima che si cominci a parlare del suo titolo proprio come una risposta anti grimdark al successo esponenziale del movimento.
A fugare ogni dubbio ci pensa lei stessa in una bella intervista alle Booksmugglers, tra le prime sostenitrici di cui giustamente ad un certo punto si è cominciato a parlare per una sua qualità intrinseca, oltre le bandiere di questo o quel genere.

monette2Come già successo per Ann Leckie con la trilogia di Imperial Radch, siamo di fronte ad un’autrice che parte da un genere più che codificato ma ci tira fuori qualcosa di fresco, personale, che attira immediatamente l’attenzione. L’incipit è particolarmente sandersoniano (un autore dal successo direttamente proporzionale all’enorme numero di pagine che sforna ogni anno): un giovane protagonista reietto dalla società per la sua non conformità agli schemi sociali si trova al potere e deve temere per la propria vita, affrontare i pericoli e le insidie della corte che gli è ostile.
Il punto di svolta di The Goblin Emperor è proprio il suo protagonista, Maia Drazhar, che, nelle calzanti parole dell’autrice “si rifiuta categoricamente di diventare un’antieroe“.

La peculiarità del romanzo è proprio il suo protagonista che con la sua convinta ma meditata (talvolta dolorosamente) adesione alla giustizia diventa il rimedio contro un mondo già pericolosamente inclinato verso le tinte distopiche e grimdark che lo scellerato regno del precedente imperatore aveva evidenziato. Maia è il buono per antonomasia, ma non è assolutamente respingente, anzi, è il vero motore della storia, l’elemento che porta il lettore a tifare per lui e proseguire la lettura.
A differenza della deuteronomica bontà alla Tolkien, Maia arriva ogni volta all’esercizio della giustizia solo per una continua mediazione con la tentazione di utilizzare il suo nuovo, enorme potere per soddisfare il suo ego o prendersi una rivincita per i soprusi subiti. Anche i suoi antagonisti a corte non sono intrinsecamente malvagi ma sono guidati a loro volta dagli interessi familiari, dai traumi subiti nel precedente regno, da tradizioni millenarie con cui sono stati cresciuti, così come non mancano esempi di figure positive al suo fianco che tentato di manipolarlo per ciò che ritengono giusto.

He remembered the moment when his thoughts had inverted themselves—that shift from not being able to please everyone to not trying—and the way that change had enabled him to see past the maneuverings and histrionics of the representatives to the deeper structures of the problem; it was the same with the Corazhas.

The Goblin Emperor è appunto il racconto dei primi, difficili momenti di regno di un imperatore inaspettato, giovane ed inesperto degli intrighi interni ma anche guidato da un senso di giustizia nato proprio grazie alle sue influenze familiari goblin (l’educazione religiosa e moralmente ineccepibile data dall’amatissima madre) e all’isolamento in cui è cresciuto, esiliato assieme a uno zio crudele in una lontana regione dell’impero.

È importante fare una premessa: pur pullulando di intrighi politici e tradimenti, il libro è quasi scevro di scene d’azione e, pur non essendo mai noioso o lento, non è certo concitato. Questo per due motivi: molto spazio è dedicato a un world building di stampo tradizionale ma comunque complesso a livello linguistico, folkloristico, politico ed economico (in soldoni: i goblin borghesi stanno per avere la meglio sui nobili elfi) e lo stile narrativo peculiare. Il libro sembra infatti una cronaca storica, una raccolta di aneddoti scritta a posteriori del regno di Maia, volta a sottolinearne i primi, rivelatori indizi di quello che sarebbe stato un grande imperatore. Non ci è dato sapere se sia andata davvero così, ma gli indizi sono molteplici. La natura del libro quindi è talvolta distaccata, talvolta episodica, talvolta più concentrata a descriverci il nuovo tipo di gravosa solitudine che il giovane imperatore vive a corte più che sugli intrighi che la scatenano.

Nelle intenzioni dell’autrice, The Goblin Emperor non avrà seguiti: il libro si conclude con la pulizia operata all’interno della corte e con la prima, importante decisione politica presa autonomamente da Maia, quando finalmente riesce a capire appieno il funzionamento della corte e a servirsi, senza esserne sopraffatto dei tanti comprimari affascinanti che lo affiancano e lo proteggono durante le mansioni di regnante. Seppur la Addison abbia promesso di farci un pensierino e tornare a parlare dell’impero di Maia (ma non di lui direttamente), rimane un certo senso di amarezza: il libro ha un suo senso compiuto e una certa bellezza nella chiusura inconsueta, ma io avrei ficcanasato volentieri su matrimoni e ponti ancora per un po’.
Non nascondo di aver interrotto senza troppi rimpianti la lettura un paio di volte per dare priorità a letture più urgenti, perché il volume ha bisogno di parecchie pagine per avviluppare il lettore. È anche vero che il protagonista tanto peculiare e il fine stile di scrittura mi hanno spinta ad andare avanti e sono convinta che tanti altri libri non avrebbero saputo mantenere la mia attenzione dopo queste interruzioni brusche e lunghe.

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Lo leggo? Attualmente non è disponibile un’edizione italiana ed è un vero peccato, perché per le sue profonde radici nel filone più classico del fantasy ma la sua creatività d’esecuzione sarebbe una bella lettura ponte per il mercato italiano, tendenzialmente restio ad accogliere a braccia aperte titoli validissimi ma poco convenzionali.
Il vero mistero è perché non sia stato pubblicato nel remunerativo comparto young adult: è una gran bella lettura per gli adulti, ma il fattore identificazione nessuno mi capisce sono convinta lo potrebbe rendere davvero appassionante per i lettori più giovani. Non che io tifi per questa ghettizzazione estrema delle letture (questo è young, quello è new adult, questo è adult, quell’altro è la versione con la cover adult di un libro per ragazzi e via dicendo) ma sono convinta che se fosse stato così etichettato, avrebbe spopolato tra i booktubers più in e non solo tra i “vecchi e bacucchi” (cioè gli over 25) della categoria con letture più affini alla sottoscritta*.

monette1La lettura in lingua originale richiede una certa abilità: la lingua in sé non è complicata ma ci sono un sacco di termini di fantasia riguardanti il world building e davvero tante spiegazioni sull’etichetta di palazzo, la storia dell’impero, le religioni praticate dagli abitanti, che non sono una passeggiata per chi è ancora un po’ titubante. 

Ci shippo qualcuno? Awwww, qui volevo arrivare. Nel mondo di Maia l’omosessualità non è vista benissimo (anzi), soprattutto tra il clero (che sorpresa). Ci sono però un paio di figure il cui dramma amoroso omo è meraviglioso, soprattutto perché presentato con la gentilezza che è il vero cuore del romanzo: un libro in cui succedono cose terribili, che non vengono mitigate, bensì affrontate da Maia e dall’autrice con grande gentilezza e compassione.
Immagino di non sorprendere nessuno lettore del volume confessando che vorrei uno spin off tutto sulle avventure del giovane messaggero Cveset <3.

*se siete interessati a qualche segnalazione, fate un fischio.