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icacciatoridiincognite_uraniaUrania 1628 – I cacciatori di incognite di Charles Sheffield
Cominciamo con una confessione: nel fare ricerche su questo titolo mi sono un po’ emozionata.Questa rubrica è abbastanza adulta da permettermi di autogooglarmi riguardo ai due romanzi precedenti del ciclo Heritage, come per esempio quel Punto di Convergenza apparso sul volume 1613, nel dicembre 2014. Che, siccome stiamo parlando di Urania, miei prodi, trattasi del volume successivo a quello inedito che viene pubblicato il prossimo marzo. Brace yourself, neofiti, this is Urania, perché all’appello manca ancora l’ultimo volume del 2002, Resurgence.
Piccolo problema: Segrate ci ha messo così tanto a pubblicare la quasi totalità del ciclo che adesso non mancano lettori che invocano a gran voce la ristampa del primo volume, Quake, pubblicato da Urania vent’anni fa. Nessuno mette in dubbio che i lettori di questa collana siano incontentabili, però sono letteralmente venti anni, per un volume rimasto in edicola un mese in un’epoca in cui gli ebook non esistevano.
Lo leggerò? No, non in mezzo a questo caos cosmico in cui l’hanno gettato. Certo che se veramente riuscissero a ripubblicare Quake, significherebbe avere l’intero ciclo in ebook, e lì sì sarebbe interessante. Che Urania ci faccia un pensierino, anche perché a mio modestissimo parere hanno un gran bisogno di cicli completi in ebook con cui attirare lettori saltuari e voraci. 

urania_vinge_laguerradellapaceUrania Collezione 158 – La guerra della pace di Vernon Vinge
Non vorrei cantare vittoria troppo precocemente, ma pare che finalmente i nomi che appaiono su Collezione siano all’altezza degli intenti della collana, anche se personalmente non lo amo moltissimo Vinge. Cosa invece molto più inconsueta, riecco il caro Vernor con un romanzo rilevante all’interno della sua carriera e non l’ultimo volume in fondo a sinistra che si era dimenticato anche l’autore.
The Peace War (1984) ai tempi strappò anche una nomination agli Hugo, quando la fanbase dell’autore era assai solida. Lo svolgimento nei frattempo è diventato quasi canonico: un team di scienziati crea l’arma definitiva, capace di porre fine a tutte le guerra. Presto però il manufatto – una sorta di campo di energia a forma di bolla che circonda una porzione di terreno e la rende inespugnabile, dall’interno e dall’esterno – solletica le mire delle malvagie corporazioni di potere che se ne vogliono impossessare. Segue l’ovvio ingresso di una malvagia corporazione (l’Autorità della pace) che racchiude in queste bolle istituzioni politiche, scientifiche e amministrative, impedendo di fatto il progresso dell’umanità e imponendo la sua egemonia della paura.
Lo leggerò? Come accennavo prima, non impazzisco per Vinge, ma l’ho quasi sempre letto nelle sue prove recenti, in cui lo stile è cambiato (e in traduzione Urania, che per chiunque abbia letto in italiano The Rainbow End ha una connotazione specifica e purtroppo negativa). Oltre detrazioni ed esaltazioni, il problema per me è che la densità per pagina di scienza dura servita senza troppo curarsi di renderla comprensibile è altissima. Quasi intollerabile anche per chi, come me, è scientificamente illetterato ma non disprezza il sottogenere in toto. Se comprerò qualcosa questo mese, sarà di certo questo romanzo.

lestellegiganti_uraniaUrania Millemondi 74 – Le stelle dei giganti di James P. Hogan
Ok, voglio dirlo: seppur con tutti i trascorsi e i limiti del caso, sbaglio o Urania sta mostrando, se non un singulto di vita, quanto meno un briciolo di coerenza più del solito? Diamo a Cesare quel che è di Cesare e al cerchio rosso quello che è del cerchio rosso, quantomeno adesso aggiornano più puntualmente il blog e quando leggo i titoli pubblicati non divento l’equivalente della gif di Valeria Marini che dice ma chi?. Vediamo in quante settimane mi pentirò di questo spiraglio (apertura mi pare eccessivo).
Primo Urania argentato del 2016, inaspettatamente monoautoriale dopo le voci degli scorsi mesi. Torna il ciclo dei giganti scritto dall’autore tra il 1977 e il 2005, formato da cinque volumi. Il ciclo si apre con Inherit the Stars (da noi molto meno poeticamente tradotto Lo scheletro impossibile) in cui i terrestri prendono coscienza di un arrivo extraterrestre avvenuto 50000 anni prima dopo il ritrovamento, appunto, di uno scheletro “impossibile” per conformazione e datazione storica sulla luna. Ora, alla luce dei quarant’anni di fantascienza successiva dove vada a parare il romanzo è abbastanza prevedibile (ma essendo spoiler, labbra cucite). Il romanzo in un certo senso ha un approccio scientifico duro, descrivendo il tentativo di ricostruire una cronologia che renda possibile lo scheletro, che però ovviamente cambierà la storia umana. In cosa credere allora? Seguono dotti scontri tra teorici rigorosi e possibilisti. 
Non potendo proseguire sulla trama, viriamo comprensibilmente sulla polemica, che qui, sarò scarna perché il volume parla da solo: tre romanzi su cinque del totale (anche se, va detto, gli ultimi due sono considerati postille tardive e sostanzialmente inutili e io in questa rubrica e in edicola me li risparmierei volentieri) ma soprattutto una mole di pagine vagamente sospetta. Riguardo all’edizione, Urania e Lippi tacciano e si sa, il numero di pagine non è sempre indicativo (anche se ormai è diventata la scusa ufficiale dei peggiori scempi), ma questi sono quattro romanzi veri per numero di pagine e a meno che il Millemondi sia scritto in caratteri lillipuzziani, dati i trascorsi, un mezzo dubbio ci viene.
Lo leggerò? No. Il trio di volumi iniziale ha una sua certa considerazione e ho vaghi ricordi delle lamentele dovuto all’attesa decennale per la traduzione dell’ultimo volume, ma mi spaventa un po’ l’approccio da processo scientifico e soprattutto l’edizione del sospetto. Passo. 

Prossimamente:  [IN AGGIORNAMENTO]

ZONA 42

selezionenaturale_zona42Meno male che intercorrono rapporti amicali con i tipi giusti di Zona42, perché ogni volta questa rubrica anticipa (e quindi buca) di pochi giorni l’uscita di un nuovo loro volume. Peggior timing di sempre, tipo. Che sia un complotto al contrario, tipo quelli fatti per far vincere gli avversari? Chissà.
Stavolta a venire posticipato di un mese è la segnalazioni di Selezione Naturale di Tricia Sullivan, ma qui siamo sul pezzo e ve ne avevo già parlato ai tempi di StraniMondi (questa Gardy del passato si dava un gran da fare, non c’è che dire).
Se non fossi sommersa di libri me lo sarei già procurato, forte anche del fatto che qui alla rara fantascienza femminile che si affaccia all’orizzonte italico si fa la ola ma ho due tomi di Zona42 ancora da parte, quindi rimango in attesa delle prime recensioni da chi è più sul pezzo della sottoscritta. Insomma, gentaglia là fuori, aspetto solo una scusa ufficiale. 

NEL FRATTEMPO, NEL RESTO DEL MONDO…

thefifthseason_jemisinDato che a questo giro non abbandonano le segnalazioni italiane, in attesa delle nomination degli Hugo, ho pensato di presentarvi brevemente un paio di titoli nominati ai Nebula Awards di quest’anno. Non venitemi su viziati però.
Partiamo da quello che, a naso, sarà il front runner (e non solo al Nebula), The Fifth Season di N.K. Jemisin. Primo importante indizio: non solo mi aspettavo di vederlo apparire in cinquina, ma ne ho sentito parlare davvero tanto nei mesi scorsi. Primo volume della trilogia The Broken Earth, è un fantasy apocalittico di quelli tosti. Essun, la protagonista, è un po’ la Liam Neeson della situazione: rincasando scopre che il marito è stato barbaramente ucciso e il figlio rapito. Da qui ovviamente parte per andarsi a riprendere il figlio, il piccolo problema è che nel frattempo il mondo attorno a lei è collassato a causa di una serie ciclica di catastrofi chiamata la quinta stagione, appunto, ed è in corso una gigantesca lotta tra stati del supercontinente che costituisce il pianeta per assicurarsi il minimo di risorse rimanenti per tirare a sopravvivere. La N.K.Jemisin è la classica autrice gradita alle frange social justice e ve l’avevo già segnalata ai tempi della pubblicazione italiana di The Killing Moon. La curiosità è tanta, specie dopo che l’ha gradito una testata al di sopra di ogni sospetto SFF come  il New York Times. In questa cinquina, eccettuata la zia Ann Leckie che vabbè, ormai è di casa, è quello che voglio recuperare di più, e già da parecchi mesi.

uprootedAncillary Mercy è il terzo volume di una trilogia su cui mi pare qui sia stato detto tutto il dicibile. In attesa che arrivi in paperback nella mia edizione, ci sono già le recensioni di Ancillary Justice e Ancillary Sword.
Siccome sono assai previdente, vi avevo già parlato anche di Uprooted di Naomi Novik, che è un po’ la sorpresa del filotto. Ricordate, storia fantastica simil favola oscura che ha diviso nettamente il fandom in due, odi aut amo?
Nonostante io desideri intensamente il paperback che pare arriverà presto con la copertina che dico io (cioè questa a fianco, l’ho vista dal vivo una volta nel Regno Unito e non avessi avuto il bagaglio già in procinto di scoppiare…è bellissima) e nonostante nel mio piccolo giro sia amatissimo, non essendo i miei gusti e quelli del mio piccolo giro granché rappresentativi di quello che gli analisti politici chiamerebbero il sentiment del fandom SFF (COME HANNO POTUTO ESCLUDERE BARU CORMORANT?!?) ecco, io pensavo non avesse le gambe per farcela.

raising caineSull’ennesimo romanzo di Charles E. Gannon con copertina orrida (che poi l’illustrazione stavolta non è così orripilante, è quel font e quel rilievo che dai, fossi a Las Vegas potrei anche capire!) preferirei soprassedere, ma per dovere di cronaca si tratta del terzo volume della serie Tales of the Terran Republic #3. Il protagonista Caine Riordan, dopo aver condotto gli umani alla vittoria contro gli invasori Arat nel precedente volume, si ritrova a visitare un mondo alieno per tentare di strappare un’alleanza in grado di consolidare ulteriormente la Repubblica Terrana. Alla terza nomination su tre volumi, pare evidente sia lui il cavallo di un’ala di scrittori opposta a quella della Jemisin nel circolo di votanti del Nebula e non solo. Insomma, è un cavallo dei sad puppies, per cui anche se avesse delle copertine bellissime (LOL, no), sarei comunque già sul chi va là. 

updraftTorniamo a territori femminili con Fran Wilde, autrice di Updraft, primo volume della trilogia Bone Universe, a riprova che i romanzi autoconclusivi sono veramente demodè. Stavolta siamo in territorio fantastico vagamente steampunk: Kirrit è una ragazzina che, per salvare la propria famiglia, accetta di entrare in un gruppo segreto, i Volanti: seguono avventure in un mondo di venti, correnti ascensionali e ossa (ho capito bene, ossa?), deltaplani e altre meraviglie.
Se posso dirlo, sento un pulsare young adult non indifferente. Certo, avrei preferito fosse un altro il titolo Tor ad approdare in cinquina, ma niente, tocca questo qui.
Ok no, lo devo dire a costo di perdere il vostro rispetto: capisco che avere sul collo l’alito dei sad puppies non sia carino e che creare un canone classico alternativo sia sacrosanto (sapete no, quella simpatica storia che tra i mostri sacri della golden age pare ci siano due donne due, LeGuin e Tiptree, che magari anche non solo), ma dopo approfondite ricerche questa nomination mi va un po’ di traverso. Sia come recensioni sia come fandom over 25 (sai Goodreads, in effetti esistiamo pure noi) non è che si sia gridato al miracolo pur apprezzando il volume, ma questo è il Nebula eh! Il Nebula! Ma soprattutto di storie così con la prescelta e l’ordine segreto quante ne saranno uscite l’anno scorso? Tante, anche solo seguendo il mailbag monday di Thomas Wagner e un paio di magazine online. Ok, io stesso qui tento di portare avanti una sorta di agenda (più attenzione alle autrici e alle minoranze tutte) e verissimo, non ho letto il libro in questione, però che il gettone protagonista/scrittrice POC o di minoranze varie pesi così tanto, mi sta davvero indispettendo. Ho passato un’oretta della mia vita a leggermi pacchi di recensioni e a spoilerarmi di tutto e non ho pervenuto il punto per cui, dalla longlist, sia passato proprio questo titolo qui. Ma anche perché c’è il premio Norton APPOSTA per gli YA, checcavolo.
SPOILER – tipo in tutto Baru Cormorant c’è un caucasico, UNO, ed è il personaggio più inquietante del filotto. E parlando di esclusioni inspiegabili NON mi riferisco a questo titolo, pensa te. 

thegraceofkingsE chi spera sempre che io perda definitivamente il controllo ora verrà accontentato, perché questo titolo è stato proprio il momento in cui ho urlato “NO, IO NON LO ACCETTO!” (e credetemi, so essere molto melodrammatica).
Infatti la nomination che mi ha lasciata più interdetta, diciamo così, è stata quella a Ken Liu. Il suo esordio sulla forma lunga del romanzo, The Grace of Kings, era attesissimo e anche io non vedevo l’ora di leggerlo, salvo poi raffreddare la mia smania dopo le tante, troppe recensioni che descrivevano un romanzo freddo, freddissimo, ben scritto ma in fondo poco incisivo, vuoto. Che la scrittura di Liu sia particolarmente asettica è un dato di fatto, ma a quanto pare il primo volume della Dandelion Dynasty, un romanzone epic fantasy dove due alleati contro un governo tirannico finisco per diventare nemici giurati nella lotta alla conquista del potere, è piaciuto particolarmente al pubblico di origine asiatica e agli amanti del wuxia, che hanno inondato di recensioni positive i social. Gli altri un pochino meno, tanto che l’avevo proprio escluso a priori, perché occhei il buzz, però uno si aspetterebbe che serva quello molto positivo no? No. A ben scavare tra critica e pubblico, le voci scettiche non mancano. Ricordo poi una storia molto triste sul fatto che c’è solo un personaggio femminile tra i protagonisti e di una stereotipicità tremenda, ma chiedo conferma a quanti l’hanno letto (e so che almeno una lettrice di questo post potrà dirci di più in merito).

barsk_coverMi sono tenuta per ultimo Barsk: The Elephants’ Graveyard di Lawrence M. Schoen perché, nonostante si dice abbia un sacco di buzz, mi ha stupito molto la sua presenza (nel mio giro l’ho sentito nominare solo un paio di volte, ma poi in effetti controllando è molto, molto quotato).
Mi ha stupito ancora di più quando l’autore si è introdotto in una discussione a due che stavo avendo su Twitter rispondendomi in italiano
. Al che volevo rispondergli con quella gif sanremese di Patty Pravo (Ma tu chi sei? Ma cosa vuoi?), ma non so quanto avrebbe colto. Insomma, un esempio per tutti i giovani autori impegnati nell’autopromozione là fuori. Io gli ho molto simpaticamente risposto “no guarda, io avrei votato Baru Cormorant” ma lui è stato gentilissimo e ha incassato bene, onore al merito.
Per conoscere Barsk come chiesto dall’autore vi dico che innanzitutto si tratta di un romanzo pare autoconclusivo (yuppie!) e il titolo del romanzo è il nome del quartiere dove le altre specie animali antropomorfe nate dopo l’estinzione dell’umanità hanno relegato i Fanti. Questi però hanno creato una sorta di droga chiamata koph, che permette di mettersi in contatto con i deceduti da poco tempo e farsi svelare segreti e conoscenze, e ne mantengono il monopolio, cosa che non piace a nessuno. Segue storia di Jorl, a cui un amico morto suicida anni prima svela un terribile segreto. Caspita, onore al vero, almeno è intrigante e mai sentito prima. Inoltre ha delle recensioni spaventosamente positive ma appunto, è un buon libro o una buona campagna? Sono ufficialmente curiosa. 

E voi? Avete già letto qualcosa della cinquina? Se sì, magari lasciate le vostre impressioni nei commenti, così da avere un quadro più chiaro della situazione.