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Amanda Abbington, Andrew Scott, BBC, Benedict Cumberbatch, Jonathan Aris, Londra vittoriana, Louise Brealey, Mark Gatiss, Martin Freeman, omoaffettività, ritratto di relazioni umane prima che lavorative, Rupert Graves, Ship Sheep, shippabbestia, Steven Moffat, Una Stubbs, vittoriano è meglio
Nell’era dell’enorme influenza di Netflix e della sconfinata fama delle punte di diamante di HBO, è il prodotto di una televisione pubblica a fungere da spartiacque, a fornire una data storica precisa a quello che è un cambiamento lento ma inesorabile che coinvolge il cinema e la televisione da anni. Nonostante i concorrenti, è la produzione BBC più celebre, Sherlock, la prima a sbarcare in pompa magna e contemporanea mondiale nei cinema, per una due giorni specialissima che sancisce che siamo tutti sherlocked. È un evento di portata storica, che sancisce il superamento della serialità televisiva sul cinema nelle preferenze e nei cuori degli spettatori e la sempre più profonda ibridazione dei due linguaggi, oltre che al profondo, drammatico cambiamento che stanno vivendo le sale cinematografiche, costrette sempre più a perdere la loro funzione di mezzo di fruizione di novità e diventando spazio sociale in senso letterale, in cui gruppi di amici si riuniscono per una fruizione che trasforma il grande schermo in una versione enorme dello schermo di casa, dove si arriva per un momento di convivialità in cui tornare a condividere eventi live o operazioni nostalgia e non come spazio privilegiato di fruizione del cinema in senso lato e inedito in mezzo a sconosciuti.
[considerazioni spoiler free][considerazioni spoiler][appunti fangilistici]
Non è un caso che a spuntarla sia stata proprio questa serie BBC e proprio con L’abominevole sposa, lo speciale stand alone della serie che dopo 9 puntate la riporta a quel punto di partenza la cui negazione è l’incipit stesso della serie: l’età vittoriana.
Dopo due stagioni in cui il duo Mark Gatiss & Steven Moffat ha saputo come nessun altro creare da zero un’identità fortissima e un linguaggio visivo e produttivo del tutto originale, capace di rendere Sherlock una pietra miliare della storia televisiva e un’espressione ormai imprescindibile del canone doyliano e dopo una terza di lussuoso indugiare sulla propria fama con continui vezzeggiamenti al proprio pubblico, arriva lo speciale vittoriano. The Abominable Bride non è un semplice alternative universe che aggiunge a una produzione ormai sontuosa la perversione di abiti e ambienti vittoriani, è la prova che ormai la serie ha uno status quo così granitico da poter esprimere la propria personalità anche e soprattutto all’interno di un setting differente.
Se andrete al cinema a vedere L’abominevole sposa vi renderete presto conto che, come al solito, le dichiarazioni Moffat e Gatiss non sono affidabili: non si tratta di un “semplice” speciale stand alone e anzi, la visione può essere apprezzare appieno solo da chi ha visto le prime tre serie andate in onda su BBC e per di più se lo ha fatto con particolare attenzione. Questo perché in realtà l’episodio è fortemente inserito nella continuity della serie, anche se non porta avanti la trama orizzontale, piuttosto si ferma e pone delle risposte precise e univoche a questioni lasciate in sospeso dal ritmo forsennato della serie.
L’abominevole sposa sembra condividere con l’epoca vittoriana in cui è ambientato ambivalenze e chiaro scuri. Da una parte è un episodio dalla qualità innegabile, uno dei più belli mai prodotti da BBC. La qualità superba dei costumi, degli ambienti, la rinnovata e migliorata regia e una fotografia strabiliante sono all’altezza della sfida su grande schermo (anzi, si spingono ben oltre) ma sono anche elementi di valorizzazione di una scrittura che continua ad alimentare il mito doyliano, essendo capace di esprimere in chiave contemporanea i suoi capisaldi e in particolare di cogliere le qualità archetipe di Sherlock Holmes, il suo essere un uomo “fuori dal suo tempo”, un carattere universale. L’aspetto più notevole è che dentro le convenzioni vittoriane si muovono i “nostri” Sherlock e John, con un’impostazione chiaramente moderna, mantenendo inalterati i caratteri distintivi maturati nella serie BBC, pur non rinunciando a nemmeno uno degli stilemi gotici: il fantasma, la moglie sfortunata, le nebbie di campagna, il labirinto nel giardino, gli strilli dei giornali scandalisti, pizzi, merletti e carrozze.
Dall’altra però non si possono che evidenziare delle difficoltà oggettive che la serie ha sempre avuto (anzi, che la scrittura di Steven Moffat ha sempre evidenziato) nel evidenziare il suo duo di brillanti protagonisti maschili senza intaccare il ruolo del cast di comprimari e in particolare di personaggi femminili. L’accusa di maschilismo è spesso piovuta su questa serie e sulla compagna Doctor Who e purtroppo non a torto. Bisogna riconoscere che in questo speciale si è tentato di dare una risposta, di migliorarsi e correggere qualche ingiustizia del passato: il problema è che la soluzione proposta è così goffa da rovinare un caso investigativo fino ad allora avvincente, ma soprattutto dal provare ulteriormente che la serie ha oggettive difficoltà nel trattare alla pari i personaggi femminili, nel donargli la medesima profondità.
Di questo però continueremo a discutere nella sezione [recensione con spoiler]
Da una parte penso tu abbia ragione, anche a me la parte finale è parsa frettolosa, goffa, didascalica. Nonostante questo direi che tra la massa delle incappucciate – per il poco tempo concesso a questa parte – tuttavia risaltano Molly e la cameriera.
In Sherlock c’è un problema ineludibile che non è solo ascrivibile al “maschilismo” di Moffat e Gatiss, ma al fatto che se proprio non si vuol del tutto tradire il personaggio inventato da Conan Doyle purtroppo è da lì che bisogna partire – da quel contesto, da quel maschilismo.
Gli assoluti protagonisti del serial sono e saranno sempre Sherlock e Watson, non c’è niente da fare. Quel che si poteva sperare era l’inserimento del tema delle suffragette attraverso una migliore scrittura.
Che il contesto storico o i protagonisti siano virati in chiave maschilista (cosa che per questo Sherlock e questo Watson è vera fino a un certo punto) non significa che ne derivino automaticamente personaggi femminili poco sviluppati o mal gestiti, anzi. Un personaggio come Molly, ad esempio, poteva avere due righe che ne spiegassero meglio la presenza lì. La cameriera è una pura tinta d’impertinenza, che non ha nemmeno un nome. Mary non merita i suoi cinque minuti di gloria esplicitando un suo hackeraggio o una sua deduzione.
Ti faccio un esempio becero ma calzante: il serial tedesco Last Cop. Protagonisti assoluti due poliziotti, di cui uno maschilista, in commissariato solo un paio di donne, però ben sviluppate e attorniate da una trama che appena il protagonista sottovaluta una donzella, TAC, arriva una bastonata. E non siamo parlando di un capolavoro della televisione, anzi, se mi scoprono a fare questo paragone dovrò darmi alla macchia. XD
Concordo su Irene!
Che delizioso aroma di paternalismo ben stagionato! È così offensivo che forse è un tentativo di spingere le donne all’azione nella vita reale… Quelle quattro sgallettate in cappuccio vivono nell’età dell’oro di suffragismo e anarchia e non sanno niente di lotta armata, che vergogna. Si, comprendo le obiezioni… tutte noi conosciamo almeno un uomo perfettamente decente… e poi Freeman coi baffoni è così tanto un pasticcino… che amore cuoricino cuoricino… ma a noi serve una soluzione permanente. Definitiva. Facciamolo per la povera Irene Adler. Poveraccia, da artista libera e indipendente a battona, non è tollerabile. Naturalmente questo non mi sta impedendo di guardarmi anche la replica.
la stavamo guardando insieme, mi sa. Così, giusto per rimarcare il fastidio per una visione così superficiale del problema.
Ahhh l’appartamento di Sherlock! Come si fa a essere così favolosi e contemporaneamente così cazzari! Povera me. Che croce.
So che è inutile rodersi, ma non riesco a capacitarmi che due uomini ancora giovani, uno sposato e l’altro gay, talentuosi, capaci, siano immersi in un’atmosfera così organicamente maschilista da non riuscire a capire il problema. Perché sono sicura che a loro le donne piacciono tantissimo, ma mi aspetto di più, visto che comunque grosse pretese in ambito strettamente “giallistico” non ne abbiamo, i punti di forza di Sherlock sono sempre stati scenografie, costumi, e l’alchimia innegabile del cast.