Oggi comincia il secondo anno di attività di questo blog.
Quale migliore occasione per fare il punto dei primi 365 giorni trascorsi assieme?
Tutto quello che ho visto, letto e recensito nel 2012.
CINEMATOGRAFO’
#1 It’s Complicated di Nancy Meyers
#2 Tamara Drewe di Sephen Frears
#3 Beginners di Mike Mills
##4 Mission Impossible: Ghost Protocol di Brad Bird
##5 The Girl with the Dragon Tattoo di David Fincher
#6 I hate Valentine’s Day di Nia Varlados
##7 Shame di Steve McQueen
##8 Tinker, Taylor, Soldier, Spy di Tomas Alfredson
#9 Valentine’s Day di Garry Marshall
##10 Moneyball di Bennett Miller
##11 This must be the Place di Paolo Sorrentino
##12 Millennium, uomini che odiano le donne di David Fincher
#13 Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn
##14 Gangor di Italo Spinelli
##15 Albert Nobbs di Rodrigo García
##16 Haywire di Steven Soderbergh
##17 Hysteria di Tanya Wexler
##18 Ides of March di George Clooney
##19 The Woman in Black di James Watkins
##20 The Artist di Michel Hazanavicius
##21 John Carter di Andrew Stanton
##22 Mirror Mirror di Tarsem Singh
##23 The Hunger Games di Gary Ross
#24 Hunger di Steve McQueen
#25 Un prophéte di Jacques Audiard
##26 The Avengers di Joss Whedon
##27 Chronicle di Josh Trank
##28 Dark Shadows di Tim Burton
#29 Despicable Me di Pierre Coffin, Chris Renaud
##30 Attack the Block di Joe Cornish
#31 Megamind di Tom McGrath
#32 Prince of Persia di Mike Newell
#33 Cash Game di Stephen Milburn Anderson
#34 Clash of Titans di Louis Leterrier
##35 21 Jump Street di Phil Lord, Chris Miller
##36 The Amazing Spider-man di Marc Webb
#37 Memories of Matsuko di Tetsuya Nakashima
##38 The Dark Knight Rises di Christopher Nolan
##39 Brave di Brenda Chapman, Mark Andrews
##40 Prometheus di Ridley Scott
##41 Magic Mike di Steven Soderbergh
##42 Pietà di Kim Ki Duk
##43 Frankenstein di Danny Boyle
##44 Ted di Seth MacFarlane
#45 The Cospirator di Robert Redford
#46 El secreto de sus ojos di Juan José Campanella
##47 Paranorman di Sam Fell e Chris Butler
##48 Skyfall di Sam Mendes
##49 Argo di Ben Affleck
##50 Wreck it Ralph! di Rich Moore
##51 The Hobbit, an unexpected journey di Peter Jackson
#52 Una separazione di Ashgar Farhadi
#53 A single man di Tom Ford
##54 Moonrise Kingdom di Wes Anderson
Che questo blog abbia una predilezione per il cinematografò immagino lo abbiate capito da tempo. Già negli anni passati mi ero cimentata nell’impresa di stilare una classifica dei migliori film dell’anno ma dopo le scorpacciate degli scorsi giorni, mi è sembrato superfluo. Però il sunto per immagini e il commentino finale ve li beccate lo stesso, perché avevo voglia di farli.
Se dovessi elencare i migliori film dell’anno appena trascorso forse i primi dieci non sarebbero esattamente quelli riassunti qui sopra (dopo la saturazione femminile dell’anno passato, questo giro l’immagine è a tema figaccioni). Cosa riunisce dunque questi dieci titoli? Sono i film che ho più voglia di rivedere/ho già rivisto, film che più o meno nel solco del cinema d’autore o di quello più commerciale consiglierei a chi mi chiedesse qualche bel film recente da recuperare. Sono i film che credo ricorderò dell’annata, anche a distanza di tempo, di questa annata dove il cinema d’autore ha un po’ latitato sui nostri schermi e per lunghe settimane ottimi prodotti d’intrattenimento hanno razziato i botteghini non trovando alcun tipo di concorrenza.
Personalmente, l’anno si è aperto e chiuso con il faccione di Daniel Craig, vero nume tutelare del 2012. The Girl with the Dragon Tattoo non ha lasciato un grande segno alle sue spalle, ma a me è entrato sottopelle. È un film tecnicamente magistrale ma più accessibile e meno auto-compiaciuto di tanto Fincher precedente. Possiedo già da tempo la versione bluray del film e l’ho già rivista un numero impressionante di volte (specie considerandone la durata). A questo proposito, credo sia il blu-ray migliore dell’anno, con una qualità tecnica che fa capire come dovrebbero essere (ma ahimè, non sono quasi mai) i film su disco blu. La miniera di contenuti extra restituisce veramente l’idea di essersi fatti un giro sul set.
Spero di poter dire le medesime cose di uno dei film che attendo in home video con lo stesso fervore con cui gli ebrei attendono il Messia, ovvero Skyfall. Inutile spendere altre parole per dirvi quanto sia bello (e da come si stanno mettendo le cose, forse anche a livello di premi il suo valore verrà riconosciuto). In quanto poi fan bondiana dalla prima infanzia, mi ritengo più che appagata.
John Carter è il mio cruccio, la mia disperazione. Primo perché l’edizione homevideo italiana non presenta tutti i contenuti extra di quelle straniere, straziandomi, ma soprattutto perché la pellicola è stata unanimemente massacrata mentre io la amo di amore sincero. Non solo perché presenta una realizzazione tecnica difficilmente eguagliabile, ma anche perché anima il mondo letterario di Burroughs in maniera autentica e completa, dove tanti predecessori di successo razziavano secondo i propri bisogni. Purtroppo il film è stato percepito come un calco fuori tempo massimo e non come il padre putativo (e pure molto ben fatto!) di una progenie sterminata di saghe e film culto che si sono abbeverate alle sue fonti più o meno in incognito.
Shame (ma anche Hunger data l’uscita italiana posticipata) sono due film potenti di Steve McQueen, a cui dobbiamo tantissimo. Probabilmente non saremmo stati qui a sbavare su Fassbender in ogni film tremendo a noi propinatoci (vedi alla voce Prometheus) se questo autore non lo avesse eletto a propria musa. Incidentalmente, lo stesso Steve McQueen deve tantissimo a Michael Fassbender, che con il suo talento (ma ancor di più con la vivida impressione visiva che il suo corpo restituisce in queste due pellicole estreme) fa brillare ancor di più due film importanti. Film PESO totali (specie Hunger, che incarna alla perfeazione la fame artistica del regista ai suoi esordi), ma forse necessari.
Tinker Taylor Soldier Spy. Non credo rimanga altro da dire su questo film. Non so più come spiegarvi quanto sia bello, quanto mi sia piaciuto alla follia e quanto sia un mirabile esempio di un film che parla attraverso immagini.
Piccola nota: combinando le varie diciture (spiegazione La Talpa, La Talpa spiegazione, come va a finire La Talpa, chi è La Talpa e (la mia preferita) chi mi sa spiegare come va a finire la Talpa?) questa è stata di gran lunga la chiave di ricerca che ha portato più persone su questo blog. Per dire quanto ormai siamo viziati nel ricevere informazioni e spiegazioni pretendendo che ci vengano somministrate senza un nostro minimo coinvolgimento.
The Artist, che da noi è un film del 2012 perché lo sapete bene come funziona, da noi. Niente, siamo qui ancora a lodare i nostri cugini d’oltralpe perché sanno ancora credere nelle idee, portarle avanti, realizzare film che scaturiscono veramente dall’amore per il cinema, facendone anche dei gran successi commerciali. Italiani, se ci siete, battete un colpo.
The Avengers è quanto di meglio (per ora) si sia riusciti a tirare fuori dai film sboroni e caciari sui supereroi. Tantissima voglia di divertire e giocare con i capisaldi del genere, rimanendo iconici e concentrati, senza trattare la materia con cui si lavora con sufficienza, perché tanto sono fumetti di supereroi. Le premesse ovviamente erano altissime, ma lo era anche il rischio di toppare clamorosamente. Operazione riuscitissima.
Continua l’ondata di film d’animazione computerizzata che teoricamente son per bimbi ma poi nemmeno troppo velatamente non sussurrano, bensì parlano direttamente al pubblico d’accompagnatori. Quest’anno gli esempi illustri sono tanti (Brave, Ralph Spaccatutto, Le 5 Leggende) ma Paranorman fa impallidire ogni rivale. Per complessità, costruzione, intreccio ed emozione fa gara a sè, riuscendo soprattutto in quel senso di novità e d’innovazione dove i giganti degli studios cedono il passo. Da recuperare ad ogni costo.
Pietà è Kim Ki Duk che si spoglia di quel fantoccio da regista romantico-intimista che aveva mandato in avanscoperta e che irrompe e prorompe sulle scene in tutta la sua artisticità, autorialità e coreanità (passatemela). Pietà è un film PESO che più peso non si può, ma che spiega brutalmente come i film autoriali possano arrivare a picchi di potenza che il cinema popolare si sogna. Ancora più brutale incomprensione e l’ignoranza svelata dalla reazione della stampa italiana alla sua vittoria a Venezia.
Di Moonrise Kingdom vi parlavo giusto ieri. È un film prezioso, di quei pochi che rendono comprensibile il termine “atmosfera rarefatta e incantata” (vedi alla voce Picnic at Hanging Rock). È un film dall’approccio morbido e fatato, che conserva la sua grazia anche nelle svolte più dolorose. Forse trasmette una palette di sentimenti così ricercati grazie alla ricercatezza visibile in ogni minimo particolare.
Come avrete notato, mancano dei titoli di peso di questo 2012, soprattutto in campo autoriale. Il tempo è tiranno, la distribuzione ancora di più. Non disperate, anche a distanza di tempo il mio impegno a recuperare e discutere con voi di ciò che vale la pena vedere non verrà certo meno. Ovviamente ogni suggerimento o consiglio può variare di molto la velocità di recupero.
SCAFFALE
#1 Train Man di Nakano Hitori
#2 Mary Poppins di P. L. Travers
##3 1984 di George Orwell
#4 Geografia Culturale di Adalberto Vallega
#5 La fine del Mondo di Fukunaga Takehiko
#6 Lettera di una sconosciuta di Stefan Zweig
#7 Novelle Orientali di Marguerite Yourcenar
##8 The Woman in Black di Susan Hill
##9 The Steel Remains di Richard Morgan
#10 Io sono un gatto di Natsume Soseki
##11 Catching Fire di Suzanne Collins
#12 Mendel dei Libri di Stefan Zweig
#13 Una storia crudele di Kirino Natsuo
#14 Incontro con Rama di Arthur c. Clarke
#15 Vita con gli automi di James White
#16 La ragazza che giocava col fuoco di Stieg Larsson
##17 A Clash of Kings di George R.R. Martin
#18 Il Battello del Delirio di George R.R. Martin
#19 Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan
#20 Russia Europea di AA.VV.
#21 Graffiti nella Biblioteca di Babele di AA.VV.
#22 Favole Periodiche di Hugh Aldersey-Williams
#23 Alla fine dell’Arcobaleno di Vernor Vinge
##24 The Hobbit di J.R.R. Tolkien
#25 Chi è morto alzi la mano di Fred Vargas
#26 L’uomo che credeva di essere sé stesso di David Ambrose
#27 Un po’ più in là sulla destra di Fred Vargas
#28 Io sono il Tenebroso di Fred Vargas
##29 Cloud Atlas di David Mitchell
##30 Securing Japan di Richard J Samuels
##31 Life of Pi di Yann Martell
##32 Japan’s Remilitarisation di Christopher W. Hughes
#33 Comunque vada non importa di Eleonora C. Caruso
#34 Il Giappone e il nuovo ordine in Asia orientale di Noemi Lanna
#35 The Perils of Proximity di Richard C. Bush
#36 Miele di Ian McEwan
Un anno un po’ meno ricco rispetto alle mie passate abitudini letterarie, ma la mole di molti volumi, l’aumento delle letture in lingua originale e la complessità di alcuni di questi tomi mi hanno impedito di raggiungere la mia soglia psicologica di 40 libri letti l’anno. Ci ho provato proprio in tutti i modi, ma non ho saputo resistere al gradiente cromatico.
Life of Pi (di cui vi parlerò prossimamente 1) e Cloud Atlas (di cui vi ho già parlato) confermano ancora una volta come non il vincere, ma anche il solo essere nominati al Booker Prize sia garanzia di qualità. Entrambi memorabili, il primo rivela tutta la sua potenza allegorica solo sul finale, essendo il classico libro che necessiterebbe di una rilettura post rivelazione. Non che le tematiche più pragmatiche che vengono immediatamente proposte al lettore siano meno apprezzabili. Il secondo è forse meno potente, ma sicuramente più vicino a quello che io cerco tra le pagine stampate e mi ha conquistato dal principio, lasciandomi un’impressione vivida al di là dei mille rimandi e interconnessioni destinati a sbiadire nel tempo.
Il tempo è un bastardo testimonia che anche il Pulitzer è affidabile e sono proprio i premi di casa nostra ad avere dei problemi. Se proprio dovessi scegliere un libro del 2012 tra le mie letture, probabilmente finirei per propendere per questo. Superbo, corale, capace di coinvogliare un bellissimo affresco umano senza compiacersi troppo della struttura frammentaria che utilizza. Ha il grandissimo merito di saper emozionare PERSINO usando le slide di PowerPoint. Lì si capisce la grandezza del tutto. Consigliatissimo, anche se a tratti molto cupo.
A Clash of Kings a causa della serie televisiva si tende a darlo un po’ per scontato, perdendo molto dell’effetto sorpresa iniziale. Avendo avuto modo di leggere anche opere precedenti di Martin, confermo che questo è un secondo, straordinario momento di grazia di uno che prima aveva in potenza tantissimo di quanto qui esce in tutta la sua bellezza. Certo, George, divina ‘sta saga, ma non sarà un tantino lunga? Io ti voglio, Martin, a riscriverla su un solo rotolo.
Incontro con Rama è L’Urania del 2012, ma è un ottimo recupero fantascientifico per tutti (e lo trovate in ebook a un prezzo accessibilissimo). Pur essendo del 1972, riesce a mantenere il suo rigore scientifico di partenza intatto, così come la struggente bellezza dell’uomo che si riscopre un puntino piccolo piccolo in un universo sempre più popolato di ombre. Il suo respiro universale, velatamente religioso, sul finale dona una malinconia potentissima, che tanti altri generi teoricamente più emozionali se la sognano.
Miele (di cui vi parlerò prossimamente 2) è Ian McEwan che torna al suo tono da cinico bastardo. Non è emotivamente devastante come in passato, ma il passaggio finale testimonia quanto lui sia stato lì tutto il tempo a farti credere che…mentre in realtà, come sempre, il lettore è caduto nella sua magistrale trappola. Una grande prova, secondo me apprezzabile appieno solo da chi ha già avuto modo di farsi un’idea della personalità dello scrittore con altri scritti.
The Steel Remains ha una marea di difetti, ma anche dei notevoli pregi, tra cui una smania, un impeto nel volerti raccontare e renderti testimone in maniera vividissima di quanto accade. Si finisce per perdonargli i brutti scivoloni finali. Certo, qui e lì vacilla, ma lo scossone emotivo e il divertimento e il dramma che ti fanno digrignare i denti ripagano di tutto.
Comunque Vada non Importa (di cui vi parlerò prossimamente 3) è l’unico italiano rimasto. Pur ricadendo nel filone battutissimo (e a me inviso a livello fisico) delle famiglie italiane disastratissime con filotti di dramma clinico dentro, ha una scrittura forte e saldamente tenuta per le briglie, senza sconti. Sarei la destinataria ideale per il suo sottobosco culturale, ma devo dire di aver apprezzato molto di più la parte più immediatamente recepibile della vicenda.
La sezione DIVANO quest’anno sfuma sia per la mia incapacità di rimanere alla pari in maniera apprezzabile con la programmazione televisiva angloamericananippoitaliana, sia perché un po’ di quello che avevo da dire lo avete potuto leggere di volta in volta qui. Nei prossimi mesi però vedrò di parlarvi di qualche chicca interessante, magari passata in secondo piano rispetto ad altro.
Arrivata a questo punto, direi che sarebbe anche ora di chiudere definitamente con il 2012 e buttarsi con foga nel nuovo anno. A questo proposito, nel 2013 potrete leggermi anche in un’inedita veste, vagamente più seria, qui. Si tratterà di recensioni cinematografiche più asciutte e comprensibili (aiuto!) di quanto trovate qui, ma non vi preoccupate, la quota fandom-related rimarrà intatta sui questi lidi. La parte che reputo più interessante sarà però una mia rubrica mensile…ahhhhh, cos’è gratificamente, scrivere una-mia-rubrica. Dai, cosa suono seria? Comunque, entro breve dovrebbe apparire qualcosa di più concreto online. Non vi ammorberò eccessivamente, magari vi passerò giusto la prima puntata. Se sarete interessati, ricordatevi di buttarci un occhio.
In chiusura, i dovuti ringraziamenti su cui far passare i titoli di coda.
Grazie a chi stellina e cuoricina, si abbona al RSS feed e all’allerta via mail, ma soprattutto a chi retwitta, reblogga e linka ovunque. Per non parlare dei commenti, rari ma preziosissimi come perle. Ogni tanto è bello veder spuntare qualche faccia avatar dall’ombra lurkatrice.
Impegnarmi seriamente nel recensire ogni film visto al cinema (e per i San Tommaso di turno, qui) e a segnalare di volta in volta ciò che considero fangirlisticamente interessante impegna più energie di quanto non potrebbe sembrare. Tanto tempo ed energie. Sapere di essere letti (e talvolta apprezzati) è un carburante importante.
Soprattutto mi incuriosisce tantissimo chi di voi, là fuori, linka i miei pezzi su Facebook…non so chi tu sia, ma un sacco di gente arriva qui grazie a te, quindi grazie per lo spam sulle pagine altrui. *O*
Inutile nascondere però i miei veri lettori del cuore…voi che arrivate qui perché voi il finale del film non l’avete capito o volete sapere come si legge tal dei tali libri. Proteggerò il vostro fragile ecosistema, promesso!
***
Legenda:
## visto al cinema / letto in lingua originale
#visto/ letto per la prima volta nel 2012
Per le recensioni di tutti i libri elencati, c’e’ la mia libreria di Anobii
Sei l’unica, tra tutte le altre classifiche che ho letto di cineblogger, che abbia apprezzato al punto da inserire in top 3 il film di Stanton. Anch’io ne ho subito il fascino, immediatamente. E’ un mondo di raccontare e fare cinema molto nuovo e insieme molto antico, che ha quella passione per il racconto di matrice quasi ottocentesca.
Dopo aver visto Life of Pi m’è venuta voglia di leggere il libro
Concordo sulla bellezza del libro della Egan (anche di quello precedente uscito sempre per Minimum fax)
Non era da intendersi come in ordine crescente, ma sarebbe stato comunque su un eventuale podio.
Il libro di Martell merita molto, film film tradisce e semplica ove necessario e fa molto bene, ma la potenza allegorica del libro (se riesci a superare la pedanteria iniziale) è tutta un’altra cosa.
Il precedente della Egan mi manca, lo devo recuperare.
Ciao,ho scoperto il tuo blog grazie a Serialmente e volevo farti i complimenti perchè scrivi davvero bene.
Sto cercando di leggere i vari post che hai pubblicato, e così come mi fai morire dal ridere con i commenti ironici (quelli di Game of Thrones sono fantastici:please more!!),le tue recensioni “più serie” di libri e film mi piacciono moltissimo. In particolare mi è piaciuta parecchio la recensione a “1984” di Orwell.
Buon 2013 e buona fortuna con il tuo blog!